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PAPALE PAPALE – Novant’anni e non… averli: dai 4 anni con Sarri al mercato promettente, ecco l’anno-dodici di ADL

 

Non nascondiamoci nel paese delle meraviglie: probabilmente a Napoli un pizzico di maretta c’è stata. Ma di quella scontentezza che puoi provare quando sai che una cosa sta per accadere eppure non accade mai; inizi a pensare che il tuo interlocutore ha sempre di meglio da fare, ti senti messo in secondo piano e la vita sembra tutta un disastro. Poi arriva la buona notizia e improvvisamente diventa tutto acqua passata, come se l’attesa avesse solo stuzzicato il piacere di veder coronato un progetto. Io l’incontro fra De Laurentiis e Sarri l’ho immaginato proprio così, col mister un po’ teso per il prolungarsi di quest’attesa e il pres che lo abbraccia e gli dice “scusa Maurì, ho avuto un fottio di cose da fare”, poi un incontro di mezz’ora in cui si ratificano solo idee già condivise e ci si stringe la mano. Le parole di Sarri in radio sono sembrate davvero di liberazione, come se non aspettasse altro che avere il via libera per un progetto senza spada di Damocle. Magari un uomo come lui non aspira né ad andare all’Inter né al Real Madrid, magari Napoli per lui è davvero un punto d’arrivo e il contratto pluriennale è solo la dimostrazione che la volontà è bilaterale. Già, probabilmente è proprio così: avete motivo di pensare il contrario?

CHI VA PIANO VA SARRI E VA LONTANO – Diradate le nubi su rapporti e (presunte) tensioni varie, è il momento di pensare a cosa succederà adesso. Quattro anni sono davvero tanti, in quattro anni il Napoli è partito dalla C ed è arrivato in Europa. Ma uno come Sarri, che ci ha messo vent’anni per arrivare al vertice, sa bene che le cose belle si fanno attendere e per averle bisogna remare ogni giorno, senza alcuna fretta. Il progetto-Napoli è arrivato ad una fase più complicata dove non è più possibile pescare un Lavezzi e un Hamsik e fare un buon campionato. O meglio, è possibile ma non basta più. Ora bisogna vincere davvero, bisogna incastonarsi fra le big europee e non solo per un’estemporanea stagione fortunata. Si deve crescere e si deve crescere bene, senza farsi prendere dall’ansia e senza sperperare tempo e denaro per un lancio in orbita che poi senza benzina finisce per afflosciarsi subito in una parabola ingloriosa. Le idee di Benitez, il business plan e tutto il resto, non erano per niente sbagliate. Anzi, è proprio su un business plan solido e credibile che si fonda questa nuova fase azzurra. Probabilmente erano i tempi a non essere condivisi: Rafa voleva tutto e subito, dalla cantera alle infrastrutture, ADL ha chiesto qualche anno in più per non bruciarsi. Condividere anche le tempistiche, oltre ai progetti, significa essere intelligenti e lungimiranti. Due caratteristiche che Maurizio Sarri da Figline ha dimostrato di possedere senza se e senza ma, come dimostra la sua carriera dei piccoli passi.

IL MERCATO IN OTTICA TURNOVER – Ora però il primo passo è pianificare la nuova stagione sportiva e per quello è impossibile non passare dal mercato. Al di là di tante dichiarazioni di facciata, Sarri alla campagna acquisti ci tiene eccome ed è stupido credere il contrario. Il primo tassello porta la sua griffe, con simbolica continuità rispetto allo scorso anno: da Valdifiori a Tonelli, la conferma che si crede in Sarri poteva leggersi già tra le righe del primo acquisto, ‘sarriano’ più che mai. Speriamo solo abbia un impatto diverso rispetto al regista romagnolo. Messi a posto i centrali difensivi, adesso si devono sistemare le criticità emerse lo scorso anno: un esterno destro che sostituisca Maggio – non certo Hysaj, che è fra gli inamovibili – un centrale che prenda il posto di Lopez, non certo di Allan, un altro che funga da vice-Hamsik quando il capitano non è in palla, oltre ovviamente ad un centravanti che non scarichi tutto il peso dell’attacco su Higuain. I nomi che circolano sono di altissimo profilo: con Vrsaljko, Vecino (o Herrera), Zielinski e Milik (o Lapadula) si fa un salto di qualità pauroso, oltre ovviamente a spendere cifre che con il famoso “braccino corto” vaneggiato da alcuni tifosi non hanno nulla a che vedere. Tanto servono solo elementi che se la giochino con i titolari e non che prendano il loro posto. L’unico vero problema della stagione azzurra, evidenziato dal pres e condiviso un po’ da tutti, è stato il turnover risicatissimo che ha spompato alcuni elementi-chiave. Una scelta dettata più dalla necessità che da convinzioni ‘filosofiche’, perché se in panca hai Maggio e David Lopez magari qualche dubbio a lanciarli in campo ti viene pure.

LA VARIANTE TATTICA COME ‘CILIEGINA’ – Dopo aver chiuso la questione turnover si può pensare anche a un ultimo tassello, quello che può davvero cambiare le carte in tavola. Un elemento che in certe partite possa modificare il modulo, oltre che gli uomini, un trequartista che dia un senso anche alla presenza di Gabbiadini al fianco di Higuain. Con gente come Klaassen oppure – perché no – il sarriano DOC Saponara si ha anche un’alternativa al pur splendido 4-3-3 di quest’anno, bello, bellissimo ma alla lunga un po’ troppo codificabile. Un mercato così sarebbe perfettamente in linea sia con la prospettiva di crescita delineata da DeLa sia con la promessa di ‘divertirci’ in caso di secondo posto. Ora non ci resta che aspettare e capire se sarà davvero così: il quadriennale all’allenatore è il miglior punto di partenza possibile. La carta di identità dice 90 anni tondi tondi, ma dalla rinascita (e conseguente ripartenza da ZERO) ne sono passati solo dodici. Il 2004, purtroppo, non ha cancellato solo l’organigramma societario e la rosa ma anche la storia e l’impalcatura che c’era prima. Non dimentichiamolo mai quando (stra)parliamo di progggetti e ‘papponismi’ vari.

 

di Antonio Papa (Twitter @antoniopapapapa)

 

 

Antonio Papa

Giornalista pubblicista dal 2010, "fratello maggiore" di tanti redattori del network, autore di trasmissioni televisive. In TvPlay sono, insieme a Claudio Mancini, il conduttore di FantaTvPlay, di "Chi Ha Fatto Palo" e di altri format creati da noi. Sono una persona che ha fatto della scrittura la sua ragione di vita, coronando un sogno che avevo fin da bambino. Il mio motto è “lavorare seriamente senza mai prendersi sul serio”. Cerco di trasmettere la mia passione e il mio entusiasmo alle persone che lavorano con me: quando ci riesco… ci divertiamo!

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