Guarda il pallone finire in fondo alla rete, prima a velocità normale, poi nella modalità ralenti riproposta dalla regia. In entrambi i casi il suo pensiero è identico “Gol così li so fare pure io”.
Non ha bisogno di scomodare gli dei del calcio, a lui interessano quei santi del pallone che oggi indossano la maglia azzurra, quella del Napoli. La sua Napoli.
Già, perché Jonathan de Guzmán, nato a Toronto ventinove anni fa, a quella città è rimasto legato. Vuoi per questioni climatiche, vuoi per il calore dei tifosi che da il medesimo benvenuti a campioni e comprimari, vuoi perché dentro quello stadio San Paolo strapieno chiunque avrebbe desiderio di fare gol. E lui di palloni dentro ne ha buttato qualcuno.
Il primo poco meno di due estati fa. L’afa di agosto si sopporta, il punteggio 1-1 un po’ meno, specie quando sei il Napoli e dalla prima all’ultima giornata dovrai rincorrere la Juve. Specie se devi riscattare un inizio di stagione già amaro, con la musichetta della Champions che verrà cancellata dalle playlist per fare di quella meno blasonata dell’Europa League. Ma a Jonathan tutto questo non importa. Appena qualche giorno prima è sbarcato a Napoli col desiderio di convincere Benitez a dargli una chance. Scampoli di partita in serie A, qualche presenza in Europa League. “In fondo sono giovane” si ripete “e ho tutto il tempo per conquistare squadra e città”. E ci si mette d’impegno per realizzare quel proposito, lasciando fin da subito i tifosi a bocca aperta.
Si ritorna, così, a quella partita: Genoa – Napoli. Il cronometro segna 94 minuti già trascorsi, l’arbitro sta per avvicinare il fischietto alle labbra, ma prima che questo accada un pallone vaga nell’area rossoblu. La palla sta per finire fuori, nessuno riesce ad arrivarci in tempo. O forse no. Dalle retrovie compare un ragazzo dalla pelle scura che col sinistro prima arpiona la palla, poi regala un dispiacere al portiere genoano. L’abbraccio dei compagni in campo, quello ideale del pubblico a Marassi o seduto comodamente sul divano. Sorride Jonathan de Guzmán mentre diventa eroe per caso. O magari stava scritto nel destino che all’esordio dovesse fare subito gol.
Ne arrivarono altre di reti in campionato ma, soprattutto, arrivò quella tripletta in Europa League contro lo Young Boys. Tre gol al San Paolo, pratica riuscita a gente come Cavani, Higuain, mica a tutti. E pazienza se gli svizzeri sono una modesta squadra «Undici sono loro, undici siamo noi. Poi la palla è rotonda» ripeterono nei bar i tifosi azzurri convinti di aver trovato un nuovo idolo. Magari vittima dell’euforia di un istante, ma convinti che quello fosse un bravo calciatore. Che continuano a seguire pure adesso mentre corre, calcia e qualche volta segna per salvare il Carpi.
Lo fa pensando a Napoli, la sua città. Perché, in fondo, uno che sorride sempre appartiene a questa terra, pure quando nasce a Toronto.
A cura di Paquito Catanzaro (@Pizzaballa81)