a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
NAPOLI – Dov’è finito il Napoli? È forse questa la domanda più importante da porsi al termine della gara del San Paolo. Una partita brutta, bloccata tatticamente, in cui è protagonista una squadra involuta, tornata feto rispetto a quello che era stata solo poche settimane fa.
Il Napoli scintillante visto a cavallo tra gennaio e febbraio ha lasciato il posto ad undici uomini spenti nella testa e, soprattutto nelle gambe; capaci persino di rendere nuovamente vivo un Milan che dalla sua metà campo esce poco spesso per tutti i 90 minuti e contento di festeggiare uno scialbo pari come fosse uno scalpo di prestigio.
CINQUE MINUTI DA CAPOLISTA – Gli azzurri cercavano il contro sorpasso alla Juve, ma la manovra di Maurizio Sarri è durata solo cinque minuti: quelli tra il 39° ed il 44°, ossia il tempo che va dal gol di Lorenzo Insigne – tiro dalla distanza deviato da Abate e che beffa un quasi perfetto Donnarumma – al pari di Bonaventura, su sventurata deviazione di Koulibaly che serve il rossonero davanti alla porta.
Tutta la gara in cinque giri di lancette, gli unici in cui il Napoli ha respirato nuovamente l’area di alta quota. Per il resto, tanto gioco sprecato, un Milan capace di ingabbiare gli azzurri sugli esterni e soffocare il respiro in mezzo al campo, in pieno stile Mihajlovic. Quel che potrebbe cambiare il corso del match è la girandola dei cambi, ma neanche quella porta bene al Napoli: Gabbiadini non incide da quarta punta, Mertens si ferma sul palo a pochi centimetri dal gol. Gira tutto storto al Napoli che ancora una volta deve registrare l’apatia tecnico-tattica di un Gonzalo Higuain incapace di trasformare in gol le uniche due azioni buone della gara capitate sul suo piede.
VIVI ALLA SPIAGGIA – Il Napoli crolla sotto i colpi della fatica. Gran parte dell’undici titolare, infatti, non sembra più riuscire a tenere i ritmi tenuti fino a qualche giorno fa: l’intera linea mediana vista contro il Milan è andata in difficoltà, ed anche l’attacco non scherza, visti i dati non più rosei come quelli precedenti.
Hamsik è sembrato un corpo estraneo contro il Milan; una miriade di passaggi errati ed errori a cui non ha mai abituato. Allan sembra essere in riserva dopo aver tirato la carretta per mesi, mentre Jorginho stenta a tenere le redini da solo. Callejòn avrebbe bisogno di un po’ di fiato, Insigne si è fatto vedere solo per il gol.
Addossare le colpe di questo calo ad un mercato, quello di gennaio, praticamente inesistente in chiave 2016, sarebbe da principianti. La parte del “Ve l’avevo detto io” non ci compete, quindi bisognerebbe indagare le reali motivazioni per altri lidi.
Il primo, ad esempio, quello della prevedibilità: quante squadre conoscono ormai perfettamente il Napoli? Cosa fare per porre rimedio?
Il secondo potrebbe invece essere quello della stanchezza mentale: dopo un bel po’ di tempo al primo posto, il Napoli non sembra avere la forza per inseguire, e se la Juve a Bologna avesse prolungato la scia gli azzurri avrebbero già perso molto terreno.
All’orizzonte le sfide con Villarreal e Fiorentina non aiutano il lavoro di Sarri, che spulcia la rosa e riflette: sarebbe bene arrivare vivi alla spiaggia, come riferiva quel tale seduto sulla panchina azzurra lo scorso anno?
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