Poco più di 72 ore, poi il sipario sarà levato su quella che si preannuncia essere la partita più vista dell’intera stagione calcistica italiana. Juventus e Napoli si affronteranno allo Stadium di Torino e daranno vita ad uno scontro al vertice: gli azzurri, per la prima volta davanti alla Juve in uno scontro in trasferta da quando Aurelio De Laurentiis ha rilevato la società, ormai dieci anni fa, sono avanti di appena due punti dopo ventiquattro lunghe giornate di campionato, mentre i bianconeri, dopo un avvio difficile, hanno inanellato quattordici vittorie di fila, un record che avrebbe ammazzato il campionato senza la super stagione del Napoli di Sarri.
Sarà una sfida importante, non di certo decisiva. Lo dicono i numeri – mancheranno ancora tredici giornate dopo lo scontro di sabato -, la distanza in classifica delle due squadre, e lo certificano le evenienze, quelle che vedranno sia Napoli che Juve rituffarsi nel calcio europeo di lì a poche ore. I bianconeri aspettano la Champions League e lo squadrone Bayern Monaco, ormai prossimo a lasciare andare Guardiola e, proprio per questo, forse vogliosi di provarci sino alla fine insieme; il Napoli, invece, è atteso dall’Europa League e da quel Villarreal che cliente comodo non è, e proprio per questo potrebbe togliere più di una notte di sonno a Sarri da qui alla prossima settimana. Il tecnico napoletano punta tutto sulla voglia dei suoi, consapevole che per uscire indenni dallo Stadium serviranno ben più di due schemetti e qualche buona trama di gioco in campo; il calcio espresso dalla Serie A si è inchinato giornata dopo giornata agli azzurri, troppa era la differenza tra i partenopei e le altre in quasi tutti i match disputati, ma la Juve ha un organico assolutamente all’altezza e un’esperienza di questi livelli che invece al Napoli manca. L’abitudine da una parte, l’entusiasmo dall’altra.
I giorni che stanno anticipando la sfida, però, trascorrono nel pieno candore dell’italian style che meno ci dovrebbe rendere orgogliosi. Le polemiche dell’ultima giornata di campionato – tra quelli che paventano una cospirazione contro il Napoli per il rigore non concesso e il gol ingiustamente annullato e quelli che invece dichiarano il Palazzo a favore degli azzurri visto che l’espulsione del Carpi andrebbe rivista e il rigore è stato fischiato subito dopo il gol del vantaggio della Juve a Frosinone, la verità forse è semplicemente nel centro – si mischiano alle voci sugli arbitri, su quanto è stato, su quanto sarà e sulle decisioni che caratterizzeranno la sfida, come quella dei tifosi napoletani impossibilitati alla trasferta.
Tutto questo, nella settimana che segue l’evento sportivo più importante del globo, così lontano dall’Italia e dal nostro calcio per geografia e (soprattutto) mentalità.
Negli States, qualche giorno fa, è andato in scena il cinquantesimo SuperBowl; una partita tra due squadre di football, è vero, ma anche un vero e proprio evento di costume e società, di sport ma anche di marketing; una gara che nel suo intervallo vede svolgersi uno spettacolo con artisti del calibro di Beyoncé, Bruno Mars e i Coldplay, il meglio del meglio della musica internazionale.
In campo scendono due squadre legate a due città, ma in realtà, allo stadio come dalle TV, è tutta la nazione a guardare, a tifare, ad attendere. Non si tratta di appartenenza a questa piuttosto che all’altra squadra, quanto di un puro evento sportivo che accomuna per una volta l’intero territorio americano e lo rende fiero. La matrice prima dello sport, per intenderci.
Niente tensioni né recriminazioni, niente polemiche arbitrali (gli arbitri assumono gran parte delle loro decisioni microfonati in modo tale che tutta l’America possa sentire), solo una grande festa in campo e sugli spalti. Eppure in una sola partita molti di quelli che scendono in campo si giocheranno l’intera carriera, la gloria e la fama o l’oblio del dimenticatoio.
Se sapessimo anche noi attendere questo Juventus-Napoli con gioia ed aspettative, se sapessimo promuovere l’evento delle due più forti squadre italiane in giro per il mondo, se potessimo avere due tifoserie capaci di tifare per proprio conto nello stesso stadio, avremmo già vinto a prescindere dai colori.
Ma così non sarà. E i veleni, i dubbi e le polemiche che caratterizzano il prima, non evaporeranno neanche nel dopo, arricchendo TV e giornali che cavalcheranno l’onda di uno sport che di sportivo non ha ormai più nulla per vendere due copie in più o per alzare un po’ lo share.
“It’s the italian style”, direbbero dall’altra parte dell’oceano.
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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