a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
NAPOLI – Il Napoli fallisce il primo appuntamento da dentro o fuori della stagione e lascia spazio all’Inter, coi nerazzurri che sbancano il San Paolo nell’ultimo quarto d’ora grazie a due bei gol da vento dell’Est, con Jovetic prima e Ljajic poi. Il fortino di Fuorigrotta capitola per la prima volta in stagione, consegnando agli azzurri la seconda eliminazione scottante nella coppa nazionale dopo quella subita per mano della Lazio solo un anno fa. Era un obiettivo la Coppa Italia, anche se sottovalutato un po’ da tutti, ma con negli occhi i fumi di un campionato che va ancora alla grande per Sarri e compagnia, si rischia di sottostimare ed archiviare troppo presto una gara che potrebbe dare invece più di un’indicazione importante al Napoli nel proseguo della sua stagione.
DOCCIA FREDDA – Nulla era presumibile, ma qualcosa tutto sommato era immaginabile; Sarri aveva rinunciato ad almeno sei titolari tra quelli che molto spesso si vedono in campo dal primo minuto, mentre per Mancini il discorso era stato diverso; il solo Icardi lascia spazio ad un attacco formato da Jovetic, Ljajic, Perisic e Biabiany, tutto forma e poca sostanza, almeno nel primo tempo. Una prima frazione che mette in luce tutti i difetti di entrambe le squadre; da una parte un Napoli che non trova il ritmo giusto senza i naturali titolari, dall’altra un’Inter che, nonostante i nomi, non riesce a produrre gioco neanche col cucchiaino.
Poi la ripresa, le parate del solito Handanovic e la girandola dei cambi; nonostante gli ingressi di Hamsik e Higuain, il Napoli stecca e capitola sotto i colpi dei nerazzurri (in giallo per l’occasione) che lasciano poco spazio a repliche. Mertens, in serata assolutamente negativa, si fa espellere per doppia ammonizione, Mancini e Sarri vengono a contatto e tutti ormai hanno già scordato ciò che è successo in campo, pronti a schierarsi da una parte o dall’altra, a favore di questo o di quell’altro allenatore.
TRA MLK E TROISI – Il post-partita non dà spazio ad analisi tattiche, a ragionamenti sportivi, monopolizzato com’è dalla querelle che infiamma l’Italia in pochi secondi trascinando nel discorso omosessuali feriti, perbenisti da divano e napoletani indignati; si va dalle frasi pronunciate da Sarri in campo agli striscioni sul Vesuvio che hanno popolato gli stadi di mezza Italia negli scorsi mesi. Di tutto si parla, tranne che di quel che è successo in campo e che ha visto il Napoli eliminato da una coppa che poteva essere alla portata.
L’Italia calcistica si rianima in uno spento martedì sera che poteva vedere solo una semplice e brutta partita; invece si deve esprimere il proprio parere, è la rete si inonda di partiti pro e contro, di auliche discettazioni, di imprevedibili rimproveri.
Siamo nel paese degli Opti Pobà pronunciati dal presidente della federazione sportiva più importante, nel paese dei “buu” ai calciatori di colore di ogni categoria, ancora nel paese dei “lavali col fuoco” considerati sfottò e non offesa.
È indicativo come, a distanza di sole 24 ore, negli U.S.A. festeggino in ricordo di Martin Luther King e delle sue parole mentre nello stivale d’Europa ci si prenda a capelli per frasi che in campo (ma anche fuori dal campo) non dovrebbero neanche più esserci, vista l’epoca che viviamo.
Mancini è stato fin troppo furbo a spiattellare il tutto dinanzi alle Tv nazionali. Quasi ci ricorda la scena di un famoso film di Troisi: “Robertì, scendi e salvati”, diceva il comico napoletano. Qualcuno lo salvi, e salvi l’Italia intera da un paese così retrogrado che ancora parla di gay, terroni ed extracomunitari come si faceva cinquant’anni fa.
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