a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
Cambiare si può, ma serve tempo. Non di certo i quattro mesi di lavoro che hanno portato oggi il Napoli ad essere secondo in quella strana graduatoria che è la Serie A.
Eppure, per il momento si può e si deve sorridere di quanto fatto, anche per quel che si è visto nel corso del match con la Roma. I giallorossi venuti al San Paolo a fare barricate non sono tra gli spettacoli più belli da vedere in quel campionato che avrebbero dovuto affrontare a viso aperto per almeno provare a portarsi a casa quella che è la vittoria finale. Ma tant’è, gli obiettivi e le situazioni cambiano e le partite maturano in maniera diversa, tanto da poter assistere ad una gara a senso unico e in cui il Napoli ha sofferto poco o niente dal punto di vista difensivo.
ALTRO PASSO INDIETRO – Un passo indietro, però, per la squadra di Sarri c’è stato. L’involuzione già certificata a Bologna è stata portata avanti anche ieri sera. Non si tratta di errori grossolani o problemi irrisolvibili, ma semplicemente di incidenti di percorso che gli azzurri devono risolvere al più presto.
La marcia indietro sembrava evidente già con l’Udinese, qualche settimana fa, in una gara che fu vinta ma che presentò più di un problema al Napoli; con l’Inter si è avuto il sentore di una squadra in difficoltà che aveva tirato i remi in barca già mezz’ora prima del fischio finale, brava ad aver già segnato due gol ma poi a rischio beffa. Bologna è stata una brutta gatta da pelare, poi con la Roma gli azzurri non sono stati capaci di dare una scossa al match, fermati dalla loro stessa imprecisione e da un pizzico di fame in meno rispetto al passato, quella fame che era stata benzina sul fuoco napoletano in avvio di stagione.
COME UN ANNO FA – Ma anche stavolta i nodi sono venuti tutti al pettine. Sarri ha sconfessato tutti i miti sul suo Napoli nel giro di 90 minuti o poco più.
Si è detto che questa squadra negli anni scorsi era stata incapace di approcciare a gare difficili quando gli avversari si chiudevano in difesa, ed anche quest’anno tra Carpi, Genoa e Roma è stato così. Certo è che quando al San Paolo Inter e Juve vengono a giocarsi la partita per gli azzurri è tutto più facile, come accadeva già in passato.
Ugualmente si è detto che l’integralismo tattico rafaelita aveva creato problemi al Napoli, un bel problema quando anche Sarri presenta per l’ennesima volta lo stesso undici iniziale e un 4-3-3 che già da qualche settimana mostra un po’ di difficoltà. Ma quando in panchina hai poche alternative, come cercare un cambiamento repentino?
Si è detto ancora che i cambi in corso d’opera arrivavano in ritardo, dopo l’ora di gioco, eppure il trend non è di certo cambiato; anche ieri Mertens è entrato in campo al 67’, come già accaduto in altre partite.
Il cambio di rotta che si cercava, quindi, non c’è stato, almeno non ancora. Ma è normale per una squadra che prende fiato ora dopo quattro mesi di immersione assoluta. Un calo fisiologico per chi è “costretto” a giocare con 12-13 giocatori a rotazione e che solo nelle ultime due uscite di EL ha potuto variare le carte in tavola.
Gennaio è alle porte e la vetta della classifica è ancora lì ad un passo; riconoscere i propri limiti e gli errori oggi significherebbe trovare la strada migliore per rialzarsi in fretta.