«È inutile intonare la Marsigliese se poi per tutta la partita canti Vesuvio lavali col fuoco», la firma è di Paolo Condò. Gioco, partita, incontro. Non c’è bisogno di aggiungere altro. Anzi, Lorenzo Insigne qualcosina l’avrebbe anche aggiunta, ma concentriamoci sul resto. Gli insulti, l’inciviltà e l’ignoranza lasciamola agli altri.
Il soggetto non cambia; e sì, perché è difficile non parlare di questo Insigne. Per la prima ora di gioco contro l’Hellas non riesce mai a rendersi realmente pericoloso. Si pensa addirittura che la sostituzione sia inevitabile: El Kaddouri sta per entrare, Lorenzino guarda la lavagna luminosa manco fosse uno studente che spera di non essere interrogato: sospiro di sollievo, esce Callejon. Sarri lo sa che può ancora essere la sua partita, ma non gli servono parole per farglielo capire: Insigne cripta il messaggio e al 67′ insacca alle spalle di Rafael. Da lì in poi è tutta in discesa.
Il numero 24 partenopeo non è più un ragazzino dalle belle speranze: è un calciatore ormai già fatto, che può diventare ancora più forte, ma già abbastanza maturo per capire quando è arrivato il momento di incidere. E quella di ieri è stata la miglior risposta ad Antonio Conte e alla non convocazione per i recenti impegni dell’Italia. Ha dimostrato che i discorsi sull’etica e sulla morale è meglio farli a qualcun altro; a qualcuno che va ancora in giro a tirare calci agli avversari. Ha dimostrato che merita di indossare anche l’azzurro italiano: nel presente e nel futuro. Ci spiace, caro Conte, ma proprio non hai più scuse.
di Pasquale La Ragione (twitter: @pasqlaragione)