COLPI DI JENIUS – Conte, Insigne e la moralità. Chi è senza peccato…

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a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)

Una vicenda che scotta e che lascia a bocca aperta. L’esclusione di Lorenzo Insigne dall’ultima convocazione per la nazionale di Conte ha fatto molto discutere nelle ultime ore, visti i calciatori chiamati e viste anche le prestazioni del calciatore napoletano in questo avvio di stagione.
In molti hanno provato a capirne il senso. Come sempre, la platea si è divisa: da un lato quelli che vedevano in questa esclusione una semplice rotazione degli elementi, una volontà del CT azzurro di alternare i calciatori a sua disposizione e soprattutto di sperimentare nuove situazioni, vista la ormai raggiunta qualificazione all’europeo e la matrice amichevole delle prossime sfide, dall’altro quelli che hanno visto in questa scelta di Conte una sorta di ‘punizione’ per quanto accaduto un mese fa.

GABBIADINI SI, INSIGNE NO – Ricostruiamo i fatti: il napoletano era stato convocato in nazionale lo scorso 5 ottobre, a seguito di una prestazione da favola nel 4-0 del suo Napoli in casa del Milan. Nella stessa partita, però, Insigne aveva ricevuto una botta al ginocchio (già operato un anno prima) che, il successivo 7 ottobre, lo ha portato a lasciare il ritiro azzurro. Con ogni probabilità non avrebbe potuto giocare nessuna delle due gare previste dell’Italia e, considerata la sosta dei club, anche con il placet del medico azzurro Castellacci il ragazzo è tornato a Castel Volturno, dove per dieci giorni ha prima svolto allenamento individuale e poi un graduale rientro col gruppo. Un episodio simile a quanto accaduto già con Marchisio lo scorso marzo, che aveva garantito al centrocampista juventino di recuperare con calma in vista degli impegni col club.
Ma ad Antonio Conte la cosa non dev’essere piaciuta; nessun problema con la società di De Laurentiis (Gabbiadini, nonostante lo scarso utilizzo in questo avvio di campionato, è presente nel ritiro della nazionale), ma col calciatore e con quanto accaduto forse si.
“Abbiamo sempre messo al centro del nostro progetto la moralità. Non bastano due o tre gol per vestire questa maglia, io guardo anche a quel che succede fuori dal campo”, le parole dell’ex allenatore juventino che così ha risposto a chi, incuriosito, gli chiedeva della vicenda.

LA RICERCA DELLA MORALITA’ – Una risposta chiara, che lascia poco spazio all’interpretazione autonoma: la scelta del CT è un segnale, dato forse a tutto il gruppo in vista di quelle che saranno poi le scelte finali verso gli Europei della prossima estate. Stride, però, il fatto che in questo segnale ci vada di mezzo l’attaccante italiano più in forma di questo avvio di campionato, il più prolifico (Eder è a tutti gli effetti un naturalizzato) con i suoi 6 gol, quello che ha mostrato le cose migliori e che ha giocato con una certa regolarità. A differenza di quanto si possa dire di altri elementi ad oggi presenti nel gruppo di Conte.
E a stridere è anche la fonte di queste affermazioni. Il CT italiano deve essere caduto nella trappola di chi lo aspettava al varco; avrebbe potuto esprimere il suo rammarico per quell’episodio, invece ha parlato di “scelta tecnica” e “moralità”.
Fa strano, infatti, sentir esporre il concetto di moralità da chi, accusato di frode sportiva, sarà presente il prossimo 18 febbraio dinanzi al Tribunale di Cremona, in attesa che si consumi l’udienza preliminare della maxi inchiesta sul calcioscommesse (insieme a lui altri 103 indagati, tra cui i noti Colantuono, oggi all’Udinese, Mauri e Doni).
Ed ancor più strano, se si guarda al passato, è che a dare segnali di moralità possa esserci un allenatore già punito in carriera con 10 mesi di squalifica (ridotti poi a 4 in appello) e che è spesso stato tirato in ballo come una delle figure centrali dell’intera macchina del calcioscommesse, la stessa che ha straziato le vicende calcistiche italiane degli ultimi anni.
Spiace, dunque, che al centro di una vicenda così contorta debba ritrovarsi un ragazzo di 24 anni che di colpe non ne ha, se non aver l’aver preferito la sua integrità fisica (presupposto fondamentale per un calciatore che con il suo corpo deve viverci e guadagnare nei dieci anni di carriera concessigli) ad una convocazione azzurra a cui non avrebbe potuto dare il massimo.
Probabilmente l’intera vicenda finirà nel dimenticatoio, così come è probabile che, proseguendo su questi standard, Insigne sia in Francia in estate a difendere i colori nazionali.
Ma se è vero che al centro del progetto Italia c’è la moralità, forse è meglio che qualcuno si sposti un po’ sul lato per vedere le cose più chiaramente.
Insomma, chi è senza peccato scagli la prima pietra.

 

 

 

 

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