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COLPI DI JENIUS – Rafa è in un Real-ity Show. Il Napoli continui la sua strada sin prisa y sin pausa

 

 

di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)

Caro Rafa, non fare scherzi. Non fare che ci lasci e te ne vai al Real Madrid, non pensarci nemmeno.
Il West Ham va bene, il Liverpool possiamo accettarlo, il Granada, l’Elche o la Sangiovannese pure ci piacciono, ma il Real Madrid no.
È la squadra più gloriosa del pianeta, quella con più tifosi nel mondo, quella che ha vinto la Champions lo scorso anno e che ha in squadra gente del calibro di CRonaldo, Bale, Modric e James, fino a Casillas e Kroos.
Come puoi farci questo?
E soprattutto: come glielo spieghiamo che Florentino Perez, uno dei portafogli più aperti del mondo e con la bocca buona, ha scelto proprio te, il panzone venuto da lontano per allenare le merengues?

LA MARGHERITA MERENGUE – Al netto del prologo ben farcito di ironia, le parti sembrano realmente vicine e in contatto già da un po’.
Da un lato Rafa, maestro di calcio che dopo il biennio azzurro è pronto a portare altrove la borsa; dall’altro il Real Madrid, in un nuovo ed ennesimo capitolo di transizione. Dopo Mourinho, adesso fanno fuori anche Ancelotti, uno che ha portato alla Casa Blanca ‘La Decima’ ma che ancora viene trattato come l’ultimo arrivato perché non è riuscito a stare dietro ai marziani del Barcellona e si è fermato tra le migliori quattro d’Europa. Problemi che, un anno si e l’altro pure, vorremmo avere tutti.
Con ogni probabilità saluterà Carletto, e allora ecco che dalle parti di Madrid già si sfoglia la rosa di candidati: tra tutti i petali, a spiccare sono Klopp e Benitez, non proprio gli ultimi arrivati. E la scelta ricadrà su uno dei due.
Per Rafa, d’altronde, non sarebbe una novità vestire quella maglia: la sua carriera in panca nasce proprio nelle giovanili delle merengues, a cui ha saputo portare in dote 9 trofei in nove anni, dal 1986 al 1995, anno in cui lascio la casa madre per la prima vera esperienza da allenatore al Valladolid.
Se gli amori veri non finiscono e fanno giri immensi e poi ritornano, allora è giusto così: tornare nella capitale spagnola sarebbe il giusto riconoscimento dopo trent’anni di onoratissima carriera in giro per l’Europa, impegnato a vincere solo per guadagnarsi il rispetto di chi gli ha dato la prima occasione. Di chi oggi, a distanza di trent’anni, pensa ad uno spagnolo che sedeva a Napoli per occupare la panchina più importante del mondo.

RAFA REAL-ITY – Si arrenderanno i napoletani; comprendetelo, il Real è il Real e non proferiamo parola. Quello che può infastidire è piuttosto il Real-ity show che si è scatenato negli ultimi mesi: “Vado, non vado, resto, non resto, decido, vedrete che ora decido”.
Una manfrina di mazzarriana memoria e di cui non sentivamo il bisogno. È giusto così; giusto che torni a casa e che a casa si senta. Dopo la campagna di damnatio memoriae che è già partita ben prima che Rafa diventi solo un ricordo per il Napoli.
Il suo successore, che sia Sinisa, Montella o chi per loro, avrà innanzitutto un grande obiettivo. Un obiettivo che non passerà dal campo, e sarà quindi meno accessibile: dovrà tenere alta l’asticella del Napoli lontano dal rettangolo di gioco, seguendo lo spirito e gli insegnamenti di cui tutti i napoletani avrebbero dovuto far tesoro negli ultimi anni.
I progetti tecnici vanno e vengono, anche i calciatori e gli allenatori, persino i presidenti. Ma le idee quelle no, e aiutano a creare il calcio stesso.
Che il “sin prisa sin pausa” resti nella testa di una società che con Benitez ha perso la prima occasione per diventare grande.
Quanti treni ancora passeranno? Qualcuno si. C’è ancora tempo e, soprattutto, c’è ancora e ci sarà sempre una maglia.
Che dopo essere stata indossata da Rafa, il panzone venuto da lontano, s’è un po’ allargata.
Speriamo che il suo successore sappia riempirla alla stessa maniera.

 

 

 

 

 

 

Gennaro Arpaia

Iscritto alla facolta di Giurisprudenza della Federico II Napoli. Giornalista pubblicista iscritto all'albo da giugno 2013.

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Gennaro Arpaia

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