INCREDIBILE – Adebayor: “Ho pensato al suicidio tante volte, ecco perché!”

Una storia che lascia col fiato sospeso quella di Emmanuel Adebayor. Il giocatore del Tottenham ha pubblicato sul proprio profilo Facebook un lungo commento circa la sua storia familiare abbastanza complessa, dovuta a delicati rapporti con il fratello Kola: “Molte volte avrei voluto farla finita: chiedete a mia sorella Iyabo quante volte l’ho chiamata e le ho detto che ero pronto a suicidarmi. Ho tenuto per me queste storie per anni, ma se fossi morto, nessuno avrebbe potuto conoscerle. Alcuni dicono che avrei dovuto continuare a tenerle per me, ma qualcuno deve pur sacrificarsi. So che qualcuno si immedesimerà nelle mie storie e altri impareranno da essere”. L’attaccante racconta:  “Venticinque anni fa mio fratello maggiore Kola andò in Germania e divenne la speranza della nostra famiglia: anni dopo che lasciò il Togo, noi non avevamo ancora corrente elettrica e telefoni. Se avesse voluto parlare con noi, avrebbe dovuto contattare un albergo accanto a casa nostra: ma quando io ebbi la prima opportunità di andare in Francia per giocare a calcio e avevo bisogno di soldi per l’aereo, lui non si faceva trovare da nessuna parte. Dio solo sa cosa stesse facendo in Germania… Un giorno, quando ero al Monaco, vennero a trovarmi lui e l’altro mio fratello Peter. Volevano avviare un’attività nel settore auto, ci volevano un sacco di soldi e dissi che avrebbero dovuto aspettare il mio prossimo stipendio. Poi Kola mi vide che prestavo 500 euro a un amico e fu sconvolto: ma i soldi che mi chiedeva lui erano molti di più e in casa non li avevo. Discutemmo e un giorno, dopo aver fatto un pisolino, mi svegliai con un coltello puntato alla gola: “Ammazzatemi e prendetevi i soldi”, dissi a lui e Peter. Misero giù il coltello. Io avvertii mia madre che mi consigliò di chiamare la polizia: lo feci, poi lasciai perdere. E Dio sa quanti soldi diedi a Kola”. “Il 22 aprile 2005 ricevemmo una pessima notizia: mio padre era morto. Ero devastato. Pagai il biglietto a Kola e lui, chi si autodefiniva il “grande uomo” della famiglia, non contribuì affatto. Il 22 luglio 2013 morì anche Peter e Kola mi accusò di esserne il responsabile perché il negozio che aprii per lui non era buono abbastanza e mi scrisse che la mia carriera sarebbe stata distrutta: io ho fatto di tutto per Peter finché era vivo, Kola niente, non venne neppure al funerale nonostante i soldi che gli mandai. Poi mi rinfacciò di aver fatto soffrire mia madre, di averle comprato una macchina di merda. Ma perché non gliene ha comprata lui una più bella? Ora continua a ripetere che mio padre voleva che comprassi una casa per ognuno di loro. Io non penso che mio padre disse davvero tutto questo. Molta gente, poi, mi rinfaccia di non essere mai andato a scuola. Ma non potevamo permettercelo, eppure oggi conosco 3 lingue e posso mandare mia figlia a scuola. Ne vado fiero: alla fine conta quello che sei, quello che la vita ti insegna e quello che tu impari da essa. Questa è la mia storia”.

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