a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
Ad infastidire non è neanche il risultato. Quello, in fondo, va e viene come il vento che spinge a destra e a manca un qualsiasi vessillo. Quanto l’atteggiamento visto in campo a Kiev, e non è la prima volta.
Il Napoli è stato quanto più lontano possibile dall’idea di squadra che vuole il risultato a tutti i costi, a prescindere dal tempo, dalla pioggia, persino dall’avversario.
Incapaci, gli azzurri, di scendere in campo con orgoglio e volontà, incapaci di mettere il marchio ad una partita che poteva significare la storia della società. Ventisei anni sono tanti, tantissimi, e forse l’intera Napoli aveva dimenticato come si fa; ma scendere in campo in quel modo significa anche chiamarsela un po’.
Con la formazione iniziale che lascia qualche dubbio, gli interpreti che ne lasciano più di uno e un’avversaria, il Dnipro, pronto a fare il contrario: la partita della vita, o quasi.
SENZA MURO – Sembravano potersi mettere bene le cose all’inizio, quando il disegno tattico del match era stato già tutto stravolto in un attimo. Ci si aspettava un Dnipro arroccato in difesa per mantenere quell’1-1 beffardo di sette giorni prima, e invece gli ucraini sono ben disposti in campo e ben disposti nella testa, con tutta la volontà di fare male. Le armi offensive non sono di prima qualità, quindi molto spesso non si riesce a far male ad Andujar, ma i padroni di casa ci mettono tutta la volontà del mondo. Higuain potrebbe subito mettere le cose in chiaro, ma in mezz’ora si divora due palle gol e mezzo, anche per le risposte sempre pronte di Boyko, in un duello col portiere ucraino che finisce nettamente in positivo per l’estremo difensore se consideriamo il doppio turno di qualificazione.
La serata storta non è solo del Pipita, perché è tutto il Napoli a non girare: saccente e forse un po’ presuntuosa, la squadra azzurra si ferma sotto la pioggia copiosa che per oltre un’ora investe l’Olimpico di Kiev.
Nessun morto e nessun ferito, dopo 45′ di quasi totale equilibrio e con poco coraggio, ma la doccia fredda è dietro l’angolo.
DALLA FINALE ALLE FINALI – Il Dnipro parte meglio, molto meglio del Napoli nella ripresa: il campo sempre più pesante pare favorire i padroni di casa, che fanno loro la gara allo scoccare dell’ora di gioco: prima spaventano Andujar in due occasioni, poi beffano un non incolpevole portiere argentino col gol di Seleznyov, capace di beffare con un solo colpo di testa Britos e portiere avversario. Troppo leggera la risposta del Napoli, incapace anche con le riserve di imbastire un vero e proprio assalto. Dove sono le risorse di questa squadra? Dove la voglia di arrivare a Varsavia? Forse è tutto negli spogliatoi, ma non quelli dell’Olimpico, proprio quelli di Castel Volturno, lì dove il ritiro aveva fatto bene prima di interrompersi con troppa fretta.
La squadra, ancora una volta, sembra legata in parte agli errori di mercato, in altra agli errori mentali: approcciare in modo così sbagliato alla gara dell’anno evidenzia tutti i limiti di un gruppo che da qui a qualche settimana potrebbe salutare i suoi interpreti maggiori.
La rabbia è la stessa di Parma, se non di più, la voglia sarebbe quella di spegnere i monitor e lasciar crollare il castello di carte, involuto su se stesso. E invece la stagione non è ancora finita, perché davanti al Napoli non ci sono più le porte della finale ma quelle di tre finali diverse: Cesena, Juventus, Lazio, per un finale di campionato coi brividi.
E se è vero che dalle grandi sconfitte nascono le grandi vittorie, mi sa che dovremo tenere il televisore acceso ancora per un po’.
Perché gli Dei del calcio col Napoli non si stancano mai.