A cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
Contro un’intera nazione: la gara di stasera non è una semplice gara, ma la sfida contro un popolo, quello ucraino, che si riverserà tutto, o quasi tutto, allo stadio Olimpico di Kiev, teatro necessario di una sfida che la dirà lunga sui destini di entrambe le formazioni.
Da una parte una nobildonna che ritrova oggi, a 26 anni di distanza, i fasti di una giovinezza ormai lontana; dall’altra, la giovane donzella dell’Est che si ritrova Cenerentola del torneo, ad un passo da una finale che potrebbe significare la storia per un’intera comunità.
A paragonare la storia neanche ci sarebbe da perder tempo: troppo importante la strada dietro il Napoli, troppo recente quella di un Dnipro che ha già procurato problemi agli azzurri qualche anno fa.
Però poi scendi in campo e ti rendi di quanto siano fallaci le cose scritte a penna: “Siamo migliori qui, siamo migliori anche qui”. Perché in campo ci vai e finisce 1-1, con palese errore arbitrale, vero, ma anche con palese brutto Napoli per quasi un’intera ora di gioco.
E quel pari ora sposta l’inerzia sulle spalle di un Dnipro che da Cenerentola dovrà sopportare il peso di favorita.
LA TELA DI PENELOPE – Sarà una gara difficile, come fu all’andata. Il Napoli lo sa, e per giunta ci arriva carico carico di veleni: arbitrali, tecnici, logici, gli azzurri non si fanno mancare niente.
È stata una stagione movimentata di certo, ma soprattutto negli ultimi mesi stampa e tifosi davvero non hanno avuto modo di annoiarsi: ritiri, ritiri finiti, vittorie importanti e sconfitte incredibili. Delusioni in coppa, esaltazione in quell’altra Coppa. Ma il Napoli vero non si è mica capito qual è.
È forse proprio questo, quello che si nasconde dietro l’altalena di risultati e non vuole diventare grande. Quello che come una Penelope qualunque tesse una tela bellissima di giorno e poi la distrugge di notte. Con non uno, ma cento passi indietro.
È il Napoli che domani sarà con le spalle al muro, necessario se concedi all’avversario un 1-1 interno nella semifinale d’andata della seconda Coppa continentale. Lo stesso avversario che al San Paolo ha eretto un muro granitico, e non vogliamo neanche immaginare cosa farà per difendere questo risultato anche in casa.
LA GARRA DEL PIPITA – Ma i veleni riguardano e investono in pieno anche Rafa Benitez: il filo che tiene legati lo spagnolo e il Napoli sembra essere più sottile che mai. Le buone prestazioni e i risultati di un mese fa avevano contribuito a tenere accessa quella piccola fiammella di speranza che ancora rimaneva ai ‘rafaeliti‘, quei tifosi scevri del concetto di irriconoscenza e che firmerebbero al buio per quel “Quedate aqui, Rafa” che neanche gli hashtag riescono a fermare.
La squalifica del tecnico per un turno in campionato, pare però aver riacceso gli animi anche di quelli che dallo spagnolo tendono a prendere le distanze. La decisione di Tosel potrebbe avere un effetto quasi insperato: ricompattare un ambiente troppo frammentario nel momento forse più importante dell’ultimo quarto di secolo.
E lo stesso Rafa sarà lì a giocarsi qualcosa di importante: subito dopo il triplice fischio di sette giorni fa, si disse certo che le possibilità di passaggio del turno di questo Napoli sarebbero state ancora alte. Cinquanta a noi e cinquanta a loro. Si difenderanno, certo, ma noi abbiamo tutte le armi per superare le loro difese.
E non importa se si gioca contro una squadra o contro un’intera nazione: il Napoli deve volere Varsavia come Higuain voleva la testa di Mirante al termine del match col Parma.
Prendete la garra del Pipita e mandatela a Kiev. Bagaglio a mano, assicurano i tifosi azzurri.
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