COLPI DI JENIUS – Caro Napoli, “Magnammancill” era riferito al Dnipro, non alle nostre mani

magnammancill

 

A cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)

 

Una sofferenza lunga 51 minuti, fino all’urlo liberatorio di un San Paolo che accoglieva calorosamente la prima segnatura in azzurro di David Lòpez.
Sembrava la serata perfetta, quella avviata alla vittoria, contornata dallo scoppiettante pubblico, soprattutto da elementi di serata magica, visto che uno dei gol più importanti dell’anno era stato messo a segno da uno degli uomini più chiacchierati dell’anno. Quello arrivato ad inizio campionato con l’etichetta del “Ma chi lo conosce?” e che si ritrova al termine della stessa stagione con più minuti delle gambe rispetto ai compagni pari ruolo.

 

“MAGNAMMANCILL” – E invece, come spesso capita, il destino è beffardo e gli Dei del calcio hanno un programma tutto loro.
Perché il Napoli nella successiva mezz’ora ha tutte le chances per dilagare, ma si accartoccia su se stesso e becca addirittura un più che immeritato pari.
Era tutto scritto sin dall’inizio. In quella coreografia che la curva B, insieme alla dirimpettaia A tornata a dar spettacolo, aveva preparato al via del match.
“Magnammancill”, con tanto di foto a ritrarre un non tanto incolpevole Anthony Hopkins nei panni di uno dei suoi più famosi personaggi: il dottor Hannibal Lecter. Ecco, il Napoli, vuoi per problemi di lingua dei suoi calciatori, vuoi per la concentrazione tutta dedicata al Dnipro, deve aver frainteso l’invito rivolto dal più popolare dei settori.
E così, invece di mangiare l’avversario, sono stati i tifosi a doversi mangiare le mani, dinanzi ad un match che ha visto gli ucraini attaccare una sola volta e una sola volta segnare. E pure in fuorigioco.

 

MASANIELLO CONTRO HAGLUND – Da Masaniello imborghesito è stato poi lo sfogo di Aurelio De Laurentiis. Il Presidente azzurro, che spesso smette la carica di primo uomo della società per trasformarsi nel più ardente dei tifosi, ha tirato a se tutte le attenzioni del dopo gara con parole non proprio generose nei confronti dell’Uefa e di Platini, rei secondo ADL di aver volutamente mandato a Napoli Kim Thomas Haglund, principale artefice della disfatta azzurra conseguente all’errore lapalissiano in occasione del pari.
In verità, ci sentiamo di dire che le cause della (mezza) disfatta azzurre albergano in ben altri lidi: risiedono nella sfortuna e nell’imprecisione di un Gonzalo Higuain che ieri avrebbe potuto tirare altre cento volte, ma il gol non l’avrebbe mai segnato, nella cattiva predisposizione di una squadra che per 51 minuti ha appoggiato le barricate ucraine aiutando il Dnipro a difendersi, con scarsa precisione ed intensità, anche nei meriti della stessa squadra avversaria, che è venuta a Napoli mostrando tutte le qualità a disposizione, all’insegna del “Non prenderle è meglio che darle”.
Inutile recriminare ora; a separare il Napoli dalla finale ci sono altri 90′ in cui prendersi la rivincita. Il Dnipro non si trasformerà nel galactico Real Madrid di Di Stefano e Puskas in una settimana, ma continuerà ad essere la tignosa squadra che abbiamo visto all’opera giovedi sera.
Per superare il muro c’è bisogno che qualcuno lo scavalchi. E magari, stavolta, gli Dei del calcio potrebbero dare una mano.

 

 

 

 

 

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