A cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
Una prestazione bella a metà, ma una serata bella per intero.
Il Napoli vola da Fuorigrotta e stacca il biglietto per le semifinali di una Coppa europea, a ventisei anni dall’ultima volta. Dopo l’era Maradona, sono i ragazzi di Rafa Benitez a riportare la squadra azzurra ai fasti di oltre un ventennio fa e al sorriso, soprattutto. Quello di José Maria Callejòn, alla prima marcatura internazionale dell’anno, quello di Dires Mertens, folletto tutto fare, quelli di Higuain, rifinitore sopraffino, ma anche di Rafa e Hamsik, sornione dopo la sua uscita dal campo, pronto a sfregarsi le mani per questo risultato raggiunto.
I DUE VOLTI DEL NAPOLI – Un Napoli dai due volti, perché nel primo tempo la squadra di Benitez ha fatto pensare a quanto il ritiro fosse conditio inequivocabile per questo momento dell’anno.
Impacciati, svogliati, schiacciati soprattutto dall’avversario, un Wolfsburg che al 4-1 subito al’andata manco ci pensa.
Attaccano i tedeschi, e lo fanno anche bene: sulle fasce comandano loro, e la difesa azzurra, con tanto di Andujar volante, deve fare gli straordinari.
Benitez, nervoso in panchina, segna sul suo blocchetto: “Non stiamo facendo nulla di quanto abbiamo preparato”.
Nulla, il Napoli non sembra saper reagire alla partita messa su dall’avversario.
Eppure sul finale di tempo, un mini squillo di tromba firmato Gonzalo Higuain arriva, quasi come a preannunciare che nella ripresa le cose sarebbero cambiate.
Ed è proprio l’argentino ad ergersi a grande protagonista: due assist sontuosi che mandano in orbita prima Callejòn e poi Mertens nel primo quarto d’ora della ripresa.
Quello che restituisce al Napoli la serenità persa nel primo tempo. Ma la serenità, si sa, quand’è troppa rischia di far male: ecco allora che il rilassamento azzurro produce le due dimenticanze difensive e soprattutto i due gol degli ospiti, con Klose e Perisic che riaprono le danze.
La speranza di rimonta è però effimera, e dura davvero poco. Perché le redini restano in mano al Napoli e perché un quarto d’ora, per questo Wolfsburg è davvero un lasso di tempo inaccettabile per provare la scalata.
Finisce così tra gli applausi del San Paolo ad un Napoli che non convince né vince, ma regala la gioia di un ulteriore passaggio del turno.
E tornano in mente le vecchie parole di Maurizio Gaudino, che ventisei anni fa sperava nel passaggio del suo Stoccarda; questa volta ai tedeschi di Wolfsburg non “abbasta” mica il pari, e a fare festa sono ancora gli azzurri.
NYON PER SOGNARE ANCORA – Ed ora l’urna a mischiare le carte. Le avversarie rimaste sono tutte sullo stesso piano: il Dnipro, vecchia conoscenza del Napoli, che ha eliminato il Bruges, poi il Siviglia, che ha fatto fuori lo Zenit di Villas Boas a 5′ dal termine, e la Fiorentina. Coi Viola di Montella la partita da evitare, per il bene di tutto il calcio italiano. Un’Italia che ha portato due squadre tra le prime quattro d’Europa League, addirittura tre tra le prime otto d’Europa se consideriamo anche la Juve e la Champions.
Motivo in più per sorridere? Certo, ma adesso le squadre tricolori devono saper tenere fede alle aspettative, ad ogni livello.
E magari, se si può, evitare ogni possibile incrocio: magari per ritrovarsi tutti in una finale di Europa League tutta colorata di biancorossoverde, magari per trasformare Varsavia in quello che fu Manchester in quel lontano 2003.
Sono passati 12 anni e non sarebbe neanche la stessa Coppa.
Ma in fondo, grandi orecchie o meno, le gioie sono (quasi) le stesse.
E ad un passo dalla finale, chi vuole oggi tirarsi indietro?
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