a cura di Sabrina Uccello (Twitter: @SabriUccello)
Sin prisa pero sin pausa, questo è stato da sempre il monito di Rafa Benitez, per il resto del Napoli un po’ meno. Il solo punto raccolto nelle ultime tre gare prima di quella contro la Fiorentina racconta alla perfezione l’eccessivo break che gli azzurri avevano preso da se stessi e dagli obiettivi da raggiungere: finale di Coppa Italia, lotta per un posto in Champions League. La fretta, per fortuna, è tornata prima di affrontare il Wolfsburg. Cambiare marcia ed accelerare, è stato eletto nuovo motto. De Laurentiis manda tutti in pausa, ma questa volta da stampa, indiscrezioni, rumori, rilassatezza e svogliatezza. Tutti a Castel Volturno per riprendere la corsa. Esatto o sbagliato, per caso o per volontà, nessuno lo sa. L’unica certezza è che dal pomeriggio del San Paolo con ospite Montella a quello del Sant’Elia, passando per la Volkswagen Arena, il Napoli ha ritrovato parte di quello che aveva perso. I numeri dicono nove punti in tre partite, dieci goal segnati ed uno solo subito. Ma non era tutta colpa della difesa? Non è che, invece, l’unione fa la forza?
TRE INDIZI FANNO UNA PROVA – Se il match contro i Viola è stato più che altro la vittoria della rabbia, quello contro Wolfsburg e Cagliari è stato il trionfo della qualità. Il Napoli sceso in campo al Sant’Elia, non al meglio del suo clima tra contestazioni e nervi tesi da parte dell’ambiente sardo, si è dimostrato cinico e pronto a liquidare la pratica a suon di tocchi della sfera. Hamsik torna a disegnare geometrie perfette: Callejon ne approfitta per ribadire in rete e contemporaneamente si rilancia nella classifica dei cannonieri a quota 13. Nemmeno Balzano resiste ai giri di compasso del capitano azzurro e batte a rete un colpo di testa nella sua stessa area di rigore. Chiude il trio del goal il sinistro al bacio di Manolo Gabbiadini, dopo soli tre minuti dal suo ingresso in campo. Ma a fare la differenza è il ritrovato Lorenzo Insigne: Benitez lo schiera da titolare e da tale gioca la partita. E’ lui che porta avanti con sicurezza ogni passaggio ed ogni idea e ciò aiuta i compagni di reparto. Sempre presente, preciso e soprattutto propositivo. Le tre P che, invece, sembrano ancora mancare nella loro massima estensione a Jorginho. Una prova migliore, ma non eccellente. Il brasiliano non cambia i ritmi del match come si converrebbe a chi orchestra il centrocampo. Macchia la prestazione azzurra, poi , l’espulsione di Christian Maggio, ma non inverte, comunque, i ritmi del match: il Cagliari si avvicina poco a Mariano Andujar, di rado è pericoloso o veemente in attacco, come ci si aspetterebbe da una squadra guidata dal signor Zdenek Zeman. Il Napoli che esce dal campo al 90esimo sembra il cugino di quello di un mese fa: la partita studiata, giocata col giro palla ma mai frettolosamente, anzi. Gli azzurri attendono, si guardano tra loro e soprattutto comunicano. Un verbo che per un po’ di tempo sembrava non sapessero coniugare più.
RIAPRIAMO LE DANZE – Bastano due giri di boa a questi azzurri per ritrovarsi nuovamente quarti a cinque lunghezze dalle due squadre della capitale, entrambe uscite a tentoni dall’ultima giornata di campionato. Nessuno è immortale, questo si sapeva già ma ora ne siamo un po’ più certi. Ed allora cosa si fa per non perdere la bussola? Restare in ritiro? Non è sicuramente questa la retta via. Ritrovarsi a Castel Volturno è stata la scelta giusta per potersi guardare negli occhi lontano da quelli indiscreti, lontano dalle distrazioni ed i pensieri quotidiani, e capire che se ci si ritrova ai primi posti della classifica ed in corsa per l’Europa League tanto un caso non può essere. Il ritiro ha aiutato a comunicare, a ristabilire un’idea ed un percorso comune. Se il Napoli, però, non avesse avuto le potenzialità decantate poche righe fa, nemmeno le avrebbe potute ritrovare od inventare nelle segrete di Castel Volturno. Bastone e carota è una formula che vince sempre, ma che poi si cambia o, meglio, si alterna. A patto di aver imparato la lezione. Proprio come da manuale del figliuol prodigo. Ed allora mettiamoci d’accordo così: da oggi in poi con un po’ meno di pausa ed un po’ più di prisa. Sette partite non sono poi così tante ed il margine d’errore da potersi concedere, più che assottigliarsi, è scomparso.
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