Una poltrona per due ‘napoletani’ dai destini opposti

showtime finale

Impossibile aver trascorso un natale in Italia senza aver visto almeno una scena de Una poltrona per due. Il film dell’83 di John Landis è ormai da tempo considerato un classico natalizio, sfruttando al meglio la strana coppia composta da Dan Aykroyd ed Eddie Murphy.

Tutto si basa su una scommessa, sulla possibilità di due fratelli di decidere della vita dei due protagonisti, esaltandoli, rendendoli diversi e forse migliori, distruggendoli e umiliandoli, attraverso un tappeto di malcelato razzismo che a quanto pare ben si sposa con le festività natalizie.

Louis e Billy Ray se la vedono brutta, il primo per un breve lasso di tempo, il secondo per quasi tutta la vita, ma ciò non conta nel momento in cui entrambi hanno raggiunto un punto d’incontro, quello in cui le esperienze dell’uno hanno colmato il gap con quelle dell’altro. Ormai i due conoscono la strada e il lusso. Sanno che occorre umiltà per farcela nella vita senza un pacchetto azionario, e che di certo ai piani alti è davvero poco l’oro che luccica realmente.

Raggiunta questa coscienza, che li ha resi uomini diversi, o forse per la prima volta realmente uomini, hanno finalmente la forza di orchestrare una risposta a tono a quel mondo che li ha raggirati per troppe volte.

Una strana coppia è presente anche nel Napoli, si tratta di un napoletano e uno slovacco. Marek e Lorenzo, capitano e capitan futuro, per dirla alla romana. Li distanzia il carattere, l’età, la posizione in campo e l’esperienza di gioco. Li accomuna invece la passione verace per il Napoli e Napoli.

Marek è figlio d’adozione di questa terra, mentre Lorenzo lo è da sempre, eppure al primo è stato riservato un destino da privilegiato rispetto al secondo. Giunto a Napoli in un’epoca di costruzione, quando le pretese della piazza rasentavano la normalità, e la gente aveva il buonsenso di non rivangare costantemente gli anni di Maradona per criticare società e squadra a ogni passo. In questo clima è cresciuto questo giovane ex Brescia dalla cresta esagerata. Al suo primo anno mette insieme 40 presenze complessive e 9 reti, divenendo il capocannoniere del gruppo, pur essendo un centrocampista. Ha resistito a ogni tentazione, pur vacillando in una particolare estate, e a Napoli continua a giurare amore, insieme alla sua nuova famigliola partenopea. Accetta le panchine e dimostra costantemente come il termine polemica non faccia parte del suo vocabolario. Il popolo azzurro ha avuto tanto da lui, e di certo ha saputo ricambiare, almeno fino a quando la vena realizzativa di quello che col tempo è divenuto il capitano non si interrotta. Si è scoperto così che gli hanno di fedeltà ai colori azzurri sono valsi a Marek meno di un anno di credito, circa 6 mesi a essere onesti, trascorsi i quali si è passati rapidamente al tiro al bersaglio.

Il cammino di Lorenzo Insigne pare avere lo stesso inizio, ma le cose non potrebbero essere più diverse. I tempi sono cambiati e in città in molti pronunciano la parola scudetto. All’inizio lo si fa con timore e quasi per gioco, ma rapidamente ci si prende gusto e così il primo posto in campionato diventa un’ossessione, un obiettivo e perché no un obbligo. Il periodo Lavezzi-Cavani fa sognare tutti, eppure il primato non arriva, e in questo clima da montagne russe, tra esaltazione e profonda depressione, sentir parlare di acquisti a costo zero provenienti dalla Primavera (o per meglio dire dalla serie B) come Lorenzo Insigne è qualcosa che scatena l’ilarità generale. Eppure su YouTube tutti lo esaltano, ammirandone le giocate. La nazionale lo convoca e lui non fa mancare qualche segnatura. Zeman lo reputa uno dei suoi pilastri al Pescara insieme a Verratti e Immobile, eppure non basta. Al Napoli che vuole lo scudetto servono campioni affermati, non un ragazzino napoletano che si trova in quel campo solo per fortuna, dal momento che al suo posto ci sarebbero potuti essere tutti o quasi i tifosi presenti al San Paolo che abbiano mai tirato un calcio a una palla. Loro lo pensano, ne sono convinti, e lo urlano costantemente a ogni sua partita. Gioca poco con Mazzarri, ma finalmente con Benitez pare pronto alla consacrazione. In attacco c’è questa banda di piccoletti che fa ben sperare, e Lorenzo è uno di questi. Perché mai la gente dovrebbe chiedere a gran voce la sua presenza tra i titolari, quando ciò vorrebbe dire lasciare in panchina uno come Mertens, che ha tutto più di Insigne, in particolar modo il passaporto straniero.

Come nel caso della scommessa, tutto può cambiare in pochi istanti. Hamsik continua il suo periodo da rinnegato, mentre a Lorenzo sono bastati un gol al Torino e un lungo infortunio per divenire indispensabile. Vivere in questo costante stato d’instabilità è qualcosa di cui è facile stancarsi, e tutti sanno che misera fine abbiano fatto i Duke. Se è vero che questo Napoli sono i tifosi, che allora i tifosi inizino una volta per tutte ad amare se stessi.

di Luca Incoronato (Twitter: @_n3ssuno_)

 

 

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