Roma come Shizuoka. Napoli, vinci per colmare quel vuoto

showtime finale

Arrivare secondi è forse la più bruciante delle sconfitte, soprattutto per chi fa della vittoria una ragione di vita. Ecco come si potrebbe in breve descrivere il metodico Lauda dipinto da Ron Howard in Rush. La sua vita è ridotta a semplice matematica, e dunque, in ambito di corse ma non solo, è convinto che una determinata mole di lavoro, unita a competenza e totale dedizione, dovranno condurlo inevitabilmente al successo.

Un piano che pare poter dare i suoi frutti, in un mondo in cui il giovane Niki parte avvantaggiato grazie ai soldi di famiglia, ma che viene in buona parte disturbato dal confronto con l’altra faccia della medaglia di un campione, quella che vede raffigurato il ghigno di James Hunt. Per lui l’esistenza va vissuta fino in fondo, afferrata e prosciugata, fino a non asciarne più nulla, fino alla morte, prematura ovviamente. E nel mezzo? Nel mezzo c’è solo tanta voglia di rivalsa, nei confronti di una società che predilige i Lauda, per estrazione sociale e stile di vita.

Howard regala un affresco emozionante, che parte dai kart, dalle prime vittorie di Hunt e dall’incapacità di vivere di Lauda, che sa attendere il giorno in cui tutta quella metodicità gli tornerà utile. Quel giorno è l’esordio in Formula 1. Uno ci arriva dalla porta principale, l’altro da quella di servizio, e il risultato non potrebbe essere più diverso. La vita spericolata di Hunt chiede il conto, mentre il bisogno di rivalsa lo divora dentro. Niki invece arriva perfino a scoprire un lato umano di sé, che verrà finalmente fuori in tutta la sua forza sul Circuito del Fuji, dove Hunt sa approfittare del destino che lo vuole vincente, e tra le lacrime e l’incredulità colma quel vuoto che lo ha perseguitato per la vita, che ora può anche esaurirsi.

Il confronto con la serie A pare alquanto complicato stavolta, dal momento che, allo stato delle cose, arrivare secondi vuol dire in qualche modo vincere. La Juventus ha già vinto da tempo il suo scudetto, e così l’attenzione mediatica è tutta riservata alla lotta al secondo piazzamento, che vede ancora una volta fronteggiarsi Roma e Napoli, impegnate all’Olimpico in uno scontro dai mille significati. Quest’anno occorre fare seriamente i conti anche con altre contendenti, eppure le protagoniste del vecchio derby del sole sono ancora lì, muso contro muso, con un futuro incerto come incerta è ogni sfida tra loro, appeso al volere di un tecnico, agli umori della piazza e a progetti tanto belli quanto incapaci di spiccare il volo per più di 90′.

Lo scorso anno ebbe la meglio la metodologia dell’americana Roma, che le mosse giuste sembrava averle fatte addirittura per il primo posto. Quest’anno il Napoli inversione James Hunt, condannato a vincere da un bisogno interno alla stessa città, potrebbe però sfruttare ancora un segno del destino, con la Roma che non ha di certo abbandonato la corsa, ma ha decisamente mollato un bel po’ la fune. L’Olimpico come le pendici di quel monte Fuji, per sferrare un duro colpo a una Roma ferita da numerosi incidenti, di percorso, e dall’assenza di un bomber.

Un solo dubbio, e se fosse davvero l’anno di James Pioli-Anderson?

di Luca Incoronato (Twitter: @_n3ssuno_)

 

 

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