“Non riuscivo a recuperare la serenità dopo una partita. Ci volevano tre/quattro ore per tornare normale. Non davo un bacio a mia moglie, ai miei figli. Tornavo a casa, facevo un pisolino e poi ritornavo socievole. Mi sono fatto coinvolgere troppo dalle partite quando le vincevo, figuriamoci quando perdevo” – Edmundo Alves De Souza Neto
Migliore di Ronaldo, ma peggiore di Romario.
Mai provare a contraddirlo su questo.
Edmudo Alves De Souza Neto, brasiliano fiero ed orgoglioso del suo Paese, noto come Edmundo.
Ne ha tante di storie da raccontare.
In campo, incontenibile ed inarrestabile.
Nella vita, furioso e spericolato.
In 17 anni di carriera, ha cambiato ben 18 squadre.
La stabilità lo destabilizzava, una sola certezza nella vita.
Ovunque giocasse, anche dall’altra parte del mondo, appena arrivava il Carnevale doveva volare a Rio.
Ne sa qualcosa il Trapattoni nazionale, allenatore della Fiorentina.
Lascia il Brasile come miglior giocatore della stagione e capocannoniere.
A Firenze, con un contratto di tre anni, per 2,5 miliardi di lire.
La città lo accoglie come se fosse il Messia, sulla panchina c’era al suo arrivo Malesani, il quale non lo schiera nella prima partita contro il Milan, scatenando l’ira del calciatore.
Subite pronte le prime dichiarazioni al “Journal Do Brasil”, intervista al veleno contro il club, il presidente e l’allenatore.
Multa salata, panchina e riposo forzato.
L’allenatore veneto lascia il posto a Trapattoni, anno d’oro per la Viola, nella corsa per il Tricolore.
Febbraio e marzo, mesi caldi per il campionato.
Batistuta fuori per infortunio, Serena inventato attaccante, Oliveira ed Esposito usati come jolly ed il caro Edmundo in Brasile, per festeggiare il Carnevale.
Da contratto, era un suo diritto.
La Fiorentina perde punti decisivi e la possibilità di vincere lo scudetto.
Resta in maglia viola fino alla fine del campionato per poi ritornare al Vasco de Gama.
Nel 2001 riabbraccia l’Italia, davanti a 20,000 tifosi al San Paolo, veste la maglia azzurra nell’anno della retrocessione in B.
I tifosi azzurri, nonostante i suoi colpi di testa, lo ricordano ancora con affetto.
Come il pianto dopo il gol, nel giorno della retrocessione.
Testa calda, non certo per i viaggi in Brasile.
Aneddoti ed episodi che hanno segnato la sua vita e la sua carriera.
In un incidente stradale, causa la morte del suo passeggero e di due persone nell’autovettura che distrugge nell’impatto.
Ubriaco e ad velocità sostenuta, viene condannato a 4 anni di reclusione. Mai scontati.
La guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di droghe, erano un’abitudine dura a morire.
Folle, al punto da ingaggiare un intero circo, per il compleanno del figlio.
In rete, foto di un povero e malcapitato scimpanzè, al quale diede da bere whisky a fiumi.
Nella vita, rispecchiava ciò che era in campo.
Copa Libertadores nel ’95, sbaglia un calcio di rigore.
Intervista a bordo campo, telecamera in frantumi e giornalista, all’ospedale con il setto nasale rotto.
Mondiali USA ’94, non arriva la convocazione. Il suo comportamento, scorretto e egoista in campo, non gli concede il pass per la Seleçao.
Indosserà la maglia della Seleçao per 39 volte, realizzando 10 gol.
Il più rocambolesco, quanto importante, quello in netto fuorigioco all’ Hernando Siles di La Paz.
Sul campo di Santa Crus de la Sierra, 3640 metri sul livello del mare.
Ronaldo calcia dai 40 metri, Denilson scarica verso la porta e trova la deviazione di Edmundo.
Tutti notano l’irregolarità, tranne l’arbitro Nieves.
Si scaglia contro Edu, il boliviano Luis Cristaldo, il quale si prende un bel gancio e cade al suolo.
Anche questa volta, il direttore di gara non vede e non lo sanziona.
Incontri di boxe, su quasi tutti i campi che l’hanno visto protagonista.
Con avversari e compagni di squadra.
In Italia, con la maglia azzurra, è nota la scazzottata con il portiere Mondini ed il “Va****o” urlato a Mondonico, dopo una sostituzione.
Nel Palmeiras scatenò una rissa che vide coinvolti tutti i compagni di squadra.
Si avventa su Wendel, durante un allenamento.
Chi cercava di dividerli, si ritrovava ad incassare calci e pugni.
Lo stesso Wendel, in un’intervista rilasciò le seguenti dichiarazioni “Edmundo ha un temperamento forte, ma noi dobbiamo rispettare il nostro Capitano”.
Intimoriti e rispettosi.
Quando in campo c’era lui, bisognava stare calmi.
Si certo calmi, quello che non accadde quando militava nel Fluminense.
Rissa in campo, da un cazzotto all’avversario si scatenò l’inferno.
Inclusi i calciatori di entrambe le panchine, riversi in campo.
Un incontro all’ultimo pugno.
Folle, egoista e senza regole.
Eppure, dal Botafogo al Napoli, ha lasciato un ottimo ricordo di se.
Niente mezze misure con il carioca.
Sulle note della Samba, chissà se ripensa a quel tridente formato da lui, Batistuta e Rui Costa.
E se gli sarà mai capitato di pentirsi, di quel tricolore che forse poteva portare anche il suo nome.
La Viola, non lo dimentica.
Napoli, lo porta nel cuore.
Lui, ama solo il Brasile.
…. Stay Tuned!!! Se oltre ad essere dei cattivi, sono anche dei campioni, mi piacciono di più.
Di Anna Ciccarelli
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