“Sono il migliore di tutti. Nessuno, ha gli attribuiti che ho io.” – Hugo Orlando Gatti
Sostenitore del Boca Juniors ed animo da vero Botas, Hugo Orlando Gatti, fa il suo ingresso nel calcio che conta, grazie al River Plate.
Quanto può essere stato complicato, indossare la maglia bianca del River, contro ogni forma di rivalità?
Abbastanza, ma da professionista e da portiere con il tocco del vero centrocampista, chinava il capo e lavorava sodo.
Si, perchè Hugo Gatti “El Loco”, nella vita è stato un portiere.
Non un portiere normale, di quelli che si ritrovano in porta, perchè non sono capaci con i piedi.
Lui con i piedi ci sapeva fare e come.
Giocava alto, facendo salire tutta la squadra. Impavido e sicuro, arrivava a centrocampo e regalava assist agli attaccanti. Corse sulla linea e magnifici cross in area.
Non è stato facile, farsi accettare dai Gallinas, i tifosi del River.
Nell’aprile del 1966, alla Bombonera, per il Super Clásico, in porta c’era lui.
Dagli spalti lanciavano di tutto, bulloni e chiodi ad invadere il campo. Compresa una scopa, che lui, diligentemente raccolse ed usò per spazzare tutta l’area da quegli oggetti.
Ma non ha mai tradito la sua fede, dopo ogni incontro/scontro con il Boca, correva sotto la curva Doce ed alzava la maglia bianca con la striscia rossa per mostrare la sua vera maglia, quella del Boca Juniors.
Arrivò a scrivere delle canzoni autobiografiche, las locuras de Gatti.
Un omaggio alle sue follie.
Dalle cavalcate per dribblare gli avversari, alle rimesse laterali, alla sua stramba posizione tra i pali.
De Dios, in ginocchio e braccia aperte, come per pregare, appena vedeva arrivare l’attaccante di turno.
Saranno state le preghiere o l’effetto che provocava ma bloccava il pallone con una facilità estrema.
Miriade di volte, in quella stessa posizione, placcava alle caviglie e stendeva gli avversari.
Le ripartenze, non erano lanci lunghi sulla trequarti e neppure un braccio bionico per il il rilancio.
No, palla al piede, usciva dai pali e sfrecciava, saltava e concludeva.
Uno che valeva per undici.
Il River, lo cede all’Union Santa Fe, guidata da Juan Carlos Lorenzo.
Resterà un solo anno, il tempo di passare al Boca.
Un sogno che si realizza, indossare finalmente la sua maglia.
Di anni ormai ne ha 32 ma questo non lo ferma.
Ci pensano a rallentare la sua corsa, le notti nei bordelli e nei bar della città.
Ma resta ancora il felino, tanto amato, con la maglia Azul y oro.
Un felino, leggiadro e scalmanato, che per non annoiarsi durante una partita contro l’Indipendiente, decide di andare a sedersi sulla traversa.
Quasi tutto il match visto da li. Saltava giù all’occorrenza e ritornava su, a pericolo scampato.
Ammonito, sanzionato, espulso? Nulla di tutto questo.
Il regolamento, non viola, di star seduti sulla traversa.
Una prima donna, qualche volta isterica, come accadde per la partita Argentinos Juniors vs Boca Juniors.
Per non passare inosservato, si scagliò verso un ragazzetto, che da li a poco divenne suo compagno nel Boca.
Lo definì un barilotto, più propenso a rotolare che a correre.
Lo stesso ragazzetto che, gli rifilò, durante quella partita ben 4 reti.
Due su punizione, una in contropiede ed una su rigore.
Diego Armando Maradona era il ragazzetto in questione.
Un anarchico, un uomo passionale e controcorrente che ha fatto del calcio la sua unica ragione di vita.
Dai primi passi al River, passando per il Boca e vestendo la maglia della Nazionale Argentina.
Una carriera di fasti e nefasti, scorribande e notti brave che lo riportano nella lista dei portieri più forti del Sud America.
A 70 anni, con la bandana ed i capelli lunghi, fa il commentatore sportivo.
Dove non risparmia commenti ironici e pungenti sui giocatori che non apprezza.
Mai invitarlo ad una trasmissione sportiva condotta da una donna.
La giornalista Irene Junquera, fu costretta a lasciare gli studi dopo le sue dichiarazioni.
“Le donne devono lavare i patti, cucinare e non cimentarsi in commenti sportivi. Il calcio non è adatto a chi indossa la gonna.”
Ora si spiegano i suoi attacchi da vecchietta isterica e da prima donna.
Per lasciare il segno, bisogna provare ad esser folli, non seguire gli schemi, fare il portiere ma non aver timore di andare nella porta avversaria e segnare.
… Stay Tuned! I pazzi sono dappertutto, mai abbassare la guardia.
Di Anna Ciccarelli