“Sono amareggiato ed arrabbiato perchè non mi piace perdere così”. – Rafa Benitez
Caro Mister, forse poteva pensarci prima!
Prima del secondo gol dell’Hellas Verona.
Prima di lasciare in panchina sia Higuain che Gabbiadini.
Ma il prima, non avvolgerà il nastro.
Dal Bentegodi, il Napoli ritorna sconfitto.
Tre punti persi, che si sommano alle altrettante sconfitte, sùbite in Campionato. Ma perdere cosi, come accaduto a Verona, è da dilettanti.
I disfattisti accusano tutti e tutto, i tifosi arrabbiati puntano il dito verso i giocatori, gli addetti ai lavori non aspettavano altro che intitolare a chiare lettere ciò che avevano predetto, cosa poi è ancora da chiarire.
Colpe da distribuire con il contagocce, colpe che hanno radici profonde.
Gli stessi errori, che ritornano come un boomerang e che spezzano in due la squadra.
Dalla difesa molle, al centrocampo in affanno, all’attacco che combatte ma non ottiene risultato.
Puntare il dito contro Andujar, per una partita andata male, sarebbe crocifiggere colui che, nonostante il peso e la responsabilità assorbita, era in una giornata storta.
Ci può stare, non essere in partita e lasciarsi sopraffare dagli eventi. Ci può stare, che un calciatore abbia un calo fisico e psichico. Ci può stare ma è in casi come questi, che una squadra, mette in mostra il senso di collaborazione ed unione.
Essere squadra, implica, tamponare laddove ci sono delle lacune.
Richiesta impossibile, visto che su 11 elementi ben 11 non erano presenti in campo.
Assenteismo, dalla difesa all’attacco.
“Con quale criterio, si decide, di lasciare in campo giocatori come DeGuzman, Lopez, Britos” scrive Giuse, per dar voce alla tristezza.
“Mi spieghi, Anna, per cortesia. Perchè Gabbiadini entra allo scadere e Mesto era in campo al posto di Maggio?” mi chiede Loredana.
Continua Annita, sulla riga delle incomprensioni, sparando a zero su Benitez ed attribuendogli, buona parte della disfatta.
La chiarezza, parte da un turnover che non ha nulla di eclatante da mostrare.
Andujar, Britos, Ghoulam sono titolari da diverse partite.
Inler, prestazione lenta ma molto più incisivo di Lopez ed entrambi stanno giocando constantemente.
Mertens, Hamsik, DeGuzman non sono i panchinari di turno.
Zapata, nella rocambolesca partita di domenica pomeriggio, ha cercato di trovare spazi e di costruire delle azioni.
La sola presenza di Mesto, non si può considerare turnover massiccio.
Higuaìn, andava schierato dal primo minuto. Un professionista non si fa trovare impreparato.
La scelta, opinabile, di Gabbiadini in panchina non trova motivazioni valide.
L’affaticamento muscolare, che l’ha tenuto fuori per la partita di Europa League, poteva essere un espediente, al suo non utilizzo.
Il suo ingresso, a poco meno di 10′ dallo scadere, mi ha spiazzata letteralmente.
Per assurdo, le due azioni nello specchio della porta avversaria, arrivano dal loro ingresso in campo.
I due gol, concessi all’Hellas, sono da manuale dell’anticalcio.
Ma ciò che trovo, oltre ogni ragionevole motivazione, fuori da qualunque spiegazione valida è la cavalcata solitaria, concessa ad Halfredsson.
Da una parte all’altra del campo, senza essere fermato, pressato, ostacolato o semplicemente bloccato, a gamba tesa, spazzando sia lui, che la palla, sugli spalti.
Questo sport non è per le femminucce, non si entra in campo a pettinar le bambole.
Questo sport è grinta, cuore, passione e testa.
Fattori, nessuno escluso, che mancavano agli azzurri.
Si riparte dall’Europa League.
Il 3-1 del San Paolo non è una certezza. A Mosca, serve il Napoli delle grandi occasioni.
Quel Napoli spavaldo ma non arrogante, saccente e troppo sicuro di se.
Un Napoli laborioso ed unito, che asfalti i russi e centri l’obiettivo.
Il clima, intorno alla squadra è destabilizzante. Questa città dimentica in fretta ed accusa senza cognizione di causa.
In Campionato ci aspetta l’Atalanta, in uno stadio semideserto, orfano della Curva A.
E come citava uno striscione “Ritrovate il vecchio ardore. Vogliamo maglie impregnate di sudore. Non ci importa del risultato ma che dal campo, usciate senza fiato.” bisognerebbe inculcarlo nelle teste, come un promemoria indelebile.
Dopo 14 anni, siamo stati capaci di resuscitare Romeo, Giuletta ed il caro W. Shakespeare.
Essere o non essere, ora spetta capirlo, solo a voi.
di Anna Ciccarelli
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