SHOWTIME – Benitez e l’Italia, troppo diversi per restare ancora finti amici?

red e toby

Anche se di quasi 10 anni più grande di me, uno dei cartoni con i quali sono indubbiamente cresciuto è stato Red e Toby della Disney. Uno di quei prodotti nati da un animo vecchio e voglioso di lacrime, in questo caso quelle dei bambini che assistevano all’assurda amicizia contro natura di una giovane volpe e un ingenuo cucciolo di cane da caccia.

Due vicini, un’anziana vedova e un cacciatore, li adottano, e all’odio tra i due umani corrisponde esattamente il grande affetto tra gli animali. In un mondo un po’ meno fiabesco del solito, Richard Rich, ispirandosi al romanzo di Mannix, lascia crescere i due animali al punto tale da rendersi conto che loro fratelli non lo saranno mai. Gli istinti iniziano a prendere il sopravvento, ma soprattutto gli obblighi, di Toby, nei confronti del proprio padrone.

Red è una preda, e come tale va stanata, aggredita e uccisa. Toby questo non avrà mai il coraggio di farlo, ma il loro destino, segnato fin dall’inizio di quest’avventura, si avvia verso l’ovvio finale. Dei momenti trascorsi insieme resterà solo il ricordo, ma per poter continuare a vivere, ognuno fermo nelle proprie convinzioni, è necessario porre una vasta distanza tra sé.

Un finale altrettanto scontato pare prefigurarsi per la storia, mai d’amore a dire il vero, tra Benitez e la serie A. La volpe Rafa, fin troppo furba, si era già resa conto di quanto fosse difficile, se non impossibile, avere a che fare con questo cane italiano. Nature troppo diverse, eppure, dopo un breve periodo separati, eccola tornare sui suoi passi, perché se c’è un difetto da trovare a questa volpe è di certo l’eccessi di orgoglio.

Fingendo di non ascoltare il modo saccente in cui il cane a volte si rivolgeva a lui, Rafa ha saputo tirare avanti e ottenere il primo trofeo della propria gestione. Il suo è un altro calcio, dentro e fuori dal campo, ma a questo cane, nato vecchio, i cambiamenti non sono mai andati a genio. Occorrerebbe essere un cane per poter anche solo osar pensare di proporre un cambiamento, ma di certo da una volpe tutto questo è assurdo.

La fase filmica della crescita è passata in fretta. Appena un anno e già i due hanno iniziato a ringhiarsi a vicenda. Il secondo trofeo non basta, serve lo scudetto. Il terzo posto non basta, serve il secondo. 70′ minuti ad altissimo livello dopo 40 incontri stagionali non bastano, ne servono 90′, se non a volte 120′. E’ un continuo rincorrersi e accusarsi, fino al primo vero strappo di qualche settimana fa. La rabbia è tanta ma l’orgoglio tiene la volpe salda al proprio posto, murata da coloro che le riconoscono il valore che merita, e che ascoltano i suoi dettami nel tentativo di sfamare il cane voglioso di critiche, punti deboli e scatti d’ira per i quali fintamente indignarsi.

Con lo scudetto ancora distante, questo Napoli ha di certo le carte in regole, i punti e i risultati per poter chiudere l’anno con un secondo posto da 50 milioni, una nuova finale di Coppa Italia, che potenzialmente potrebbe portare a una finale di Supercoppa Italiana, e soprattutto con la notte di Varsavia, che ormai non è più un sogno distante.

E, senza inutile scaramanzia, per davvero il Napoli tornasse ad alzare dopo fin troppi anni un trofeo europeo? Sarebbe in grado quel cane rozzo, cafone, vecchio e ignorante (ma così ci piace…) di criticare anche tale risultato? La risposta è semplice, e ce la consegna la storia. Semplicemente le critiche cesserebbero nel frastuono dei festeggiamenti, perché una cosa che questo cane sa fare fin troppo bene è bere in compagnia dei vincenti, fossero anche finti amici ai quali si è sputato nel bicchiere il giorno prima.

di Luca Incoronato (Twitter: @_n3ssuno_)

 

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