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COLPO DI TACCO -Stuart “follia pura” Pearce

Farò tutto quello che è necessario, per vincere una partita di calcio. Già, perchè per un difensore, tutto sommato, c’è solo una cosa che conta: proteggere la propria porta. Anche a costo di fare qualcosa, di cui, non si andrà molto fieri” -Stuart Pearce

L’Inghilterra, regno del bel calcio e dei folli calciatori.

La patria della Regina, dello stile e delle buone maniere, che conserva il primato per maggior numero di giocatori duri, con atteggiamenti folli, più peccatori che santi.

Stuart Pearce, si aggiunge alla lista e ne prende il comando.

Psycho, per lo sguardo assatanato.

Semplice, per la vita fuori dal rettangolo verde.

Un amore incondizionato quello tra Pearce ed il pallone.

Da elettricista a difensore, sotto la guida del leggendario Brian Clough.

Dal Wealdstone FC al Manchester City FC, attraverso il West Ham United FC ma con un unico vero legame, quello con il Nottingham Forrest FC.

Gli fu attribuito il soprannome di Psycho, per il suo sguardo assatanato, per la grinta che metteva in campo e per la capacità, straordinaria, di guidare la sua squadra.

Quella grinta che l’ha portato ad essere, allo stesso tempo, capitano e giocatore-allenatore del Forrest.

Vi milita per più di 10 anni, 401 presenze e ben 63 reti. Numeri impressionanti per chi nasce difensore.

Il “The Sun” lo consacra il calciatore più cattivo della Premier.

Primato che non gli spetta, ad onor del vero. Falloso ma mai violento, nessuna lite furibonda e poche caviglie tranciate.

La sua più grande passione erano le bocche degli avversari. I colpi di testa, sui denti specialmente, la sua specialità.

Nel 2000, pubblica la sua autobiografia “Psycho”. Un racconto attraverso i ricordi indelebili della sua lunga storia d’amore con il calcio.

La fotografia che echeggia nella mente e che non si è mai perdonato, risale al 17 novembre 1993.

Al Dall’Ara di Bologna, si incontrano l’Inghilterra ed il San Marino, gara valevole per le qualificazioni ai mondiali del 1994.

Fischio d’inizio, Bacciocchi sbaglia il passaggio che finisce tra i piedi di Pearce.

Retropassaggio, corto, verso Seaman, intercettato da Davide Gualtieri.

In 8 secondi e 33 centesimi, il San Marino si porta in vantaggio. Siglando il gol, più veloce, nella storia delle qualificazioni.

L’Inghilterra non si qualifica ai Mondiali, anche se poi sigla nella stessa partita, ben 7 reti.

Pearce ha collezionato errori, rigori sbagliati e scene di delirio.

In campo si trasformava, abbandonava la divisa da bravo ragazzo per indossare la tuta da supereroe.

Ed era proprio di poteri che aveva bisogno, durante il quarto di finale dell’Europeo 1996.

Nel tempio di Wembley, davanti a 75,000 spettatori, l’Inghilterra affronta la Spagna.

Tempi regolamentari e supplementari soporiferi e lenti, fino ad arrivare ai rigori.

Quella strana e mistica lotteria che tiene, tutti gli appassionati, con il fiato sospeso.

Sul dischetto lui, lo stesso Pearce, che ai Mondiali di Italia ’90 contro la Germania lo sbagliò.

Fiero e lento, si avvicina al dischetto. Sguardo fisso sul pallone e tiro deciso, come li tirano la maggior parte dei difensori, che si insacca alle spalle di Zubizarreta.

Lo stadio esplode, lui non esulta. Immobile alza lo sguardo ed urla un F**K, che resterà nella storia.

L’Inghilterra approda alle semifinali dove incontra la sua nemica giurata, la Germania.

Non si parla di Pearce per interventi killer alla Friday o per scazzottate alla Jones.

Il suo carisma dominava e metteva a tacere. Ma non è linda la sua carriera.

La bocca uccide più delle entrate assassine.

La stessa bocca che non si mise a tacere, in quel pomeriggio del 1994, contro il Manchester United.

La famosa sequela di insulti razzisti, di imprecazioni e parolacce condite di odio che fu denominata “Race Storm”, nei confronti del centrocampista Paul Ince.

Chiese scusa a partita terminata, ammettendo la sua totale trasformazione durante quei 90′.

Gli errori si comprendono per non essere commessi, ma Pierce aveva memoria breve.

Stessa scena, con la maglia della Nazionale, in un’amichevole contro il Brasile.

Per lui in campo, non uno ma ben 11 Paul Ince. Nuovamente scuse servite a fine partita ed ammissione di colpa, per l’incomprensibile trasformazione.

Non bisogna necessariamente lasciare i segni dei tacchetti sulle caviglie per essere ricordati come cattivi.

A volte, basta uno sguardo, una parola per incutere timore e Stuart Pierce, lo sapeva fare benissimo.

Stay Tuned! I cattivi che ringhiano, mi piacciono di più.

Di Anna Ciccarelli

Anna Ciccarelli

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Anna Ciccarelli

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