Chiunque, prima o poi, si ritrova a fare i conti con quella parte di sé inspiegabilmente violenta, che vorrebbe soltanto uccidere chiunque abbia l’ardire di posare uno sguardo torvo su di lui. Capitano giorni in cui il mondo pare voltarci del tutto le spalle, e proprio allora la voce di quella sconosciuta porzione di noi accresce il proprio volume, incitandoci a dar fuoco a tutto, nemici, amici, familiari o magari l’intera città che ci circonda.
Ecco in pratica cosa accade all’uomo senza nome che è al centro delle vicende narrate in Fight Club. Il suo animo violento è sempre stato coperto da innumerevoli strati di perbenismo, almeno fino al giorno in cui nella sua vita non è comparso Tyler Durden. In pratica quest’uomo è la versione migliorata della più impensabile fantasia su se stesso che ogni uomo abbia mai avuto. E’ in grado di fabbricare bombe, di picchiare duro chiunque e incassare senza timore, di affascinare uomini e donne e mettere su un’organizzazione criminale che a tratti sfocia in una setta, progettando di far implodere l’attuale mondo in cui viviamo.
Peccato però che non esista nessun Durden, e che l’unica persona a far ciò è lo stesso uomo qualunque senza nome che dalla trama del film pare essere soltanto trascinato via come in un fiume in piena. Norton chiude gli occhi e diventa Pitt, e a a chi non piacerebbe (magari salvaguardando le doti attoriali della versione Norton), ma ciò ovviamente comporta delle conseguenze, perché nulla è reale, e ogni azione si creda l’altro abbia compiuto, la società vorrà farla scontare unicamente allo schizofrenico che, consapevolmente o meno, ha dato fin troppo sfogo alle proprie perversioni.
Se Palahniuk aveva pensato a una sola personalità, oltre quella dominante, per il suo uomo qualunque, il plot che dallo scorso agosto ha preso forma a Napoli è di gran lunga più complesso. La squadra, al tempo di Mazzarri, era solita vivere le proprie stagioni in totale serenità, guadagnandosi col duro lavoro quelle piccole grandi soddisfazioni di cui tutti noi nella vita abbiamo bisogno. Sempre in balia del volere degli avversari (fosse anche il Dnipro), in contropiede Walter Norton è riuscito a collezionare una Coppa Italia e grandi prove in Europa. La lotta alla grandezza, fosse lo scudetto o l’Europa League (non cito la Champions per spirito d’onestà), non è mai stata nelle sue corde, e così un giorno quel Napoli onesto e lavoratore è semplicemente scomparso nell’ombra di Rafa Durden.
Questo cattivo ragazzo si è presentato con un chiaro accento straniero, dentro e fuori dal campo, provando a dare alla squadra, fin dal mercato Napoli, un’impronta che fosse un misto di Liga e Premier, tra possesso palla e ricerca del gol fino all’ultimo istante di gioco. Ciò ha portato a un girone di Champions fantastico ma sfortunato, una Coppa Italia e un distacco esorbitante dalla prima in classifica in campionato. Serve equilibrio si diceva, e questo poteva provenire solo da mirati acquisti estivi, mai pervenuti, con un Durden che a sua volta, pur senza rinunciare del tutto alla piazza azzurra, ha dovuto dividere la scena con altre personalità.
Se con il Chievo si è rivisto il Napoli sfortunato della scorsa Champions e con il Bilbao si sono sentiti tutti gli effetti di una gara importante a ridosso del campionato e con tutti i postumi di un estenuante Mondiale, contro l’Empoli, la Samp, il Milan (e non solo) si è vista una squadra piccola, impaurita e soprattutto incapace di comunicare.
Il match contro la Roma ci ha ridonato un Durden in bella forma, ma se la sua presenza costante non è bastata lo scorso anno, di certo qualche sua apparizione sporadica stavolta non potrà fare la differenza.
Ad ogni modo c’è ancora tanta carne al fuoco e Benitez potrà rifarsi già a partire dal prossimo 22 dicembre. Questa stagione può ancora offrire ottime news Napoli, e nella migliore delle ipotesi portare in bacheca una Supercoppa, offrendo ai tifosi una finale d’Europa League o Coppa Italia, regalando infine al bilancio azzurro l’accesso alla prossima Champions League.
Di certo i numeri non ci condanno, e avere fiducia in quel volpone di Benitez è l’unica strada percorribile, ma occorre una volta per tutte agguantare una pistola e sparare dritto in bocca alla più fastidiosa delle molteplici personalità di questa squadra, quella così maledettamente gentile da far esaltare squadre mediocri come il Milan di Inzaghi, regalando reti, campo e gioco.
Un bel bang, del fumo dalla bocca e via. Per Norton ha funzionato alla grande.
di Luca Incoronato (Twitter: @_n3ssuno_)