Da un attacco eccellente ad una difesa inesistente, un puzzle a cui mancano pezzi fondamentali per un incastro perfetto. E se quello che sta vivendo la Società Sportiva Calcio Napoli è solo un incubo, allora svegliateli.
Svegliate il Sig. Cabral dal suo torpore, i difensori dal letargo, il centrocampo dalla narcolessia dilagante; svegliateli tutti con una scossa elettrica ad alto voltaggio, perché quello che si è visto in campo, contro il Milan, era una gran dormita generale.
Mancanza di fiducia, di grinta, di voglia e di coraggio? Sono settimane ormai che se ne parla, pareggi, sconfitte ed una vittoria che risale a novembre; nel mese dedicato ai defunti, si sono spenti anche i calciatori azzurri.
Reazioni quasi inesistenti, svogliatezza ed errori che pesano come un macigno. La spada di Damocle pende sulle teste di tutti, nessuno escluso. Da una considerazione a mente fredda di Francesca si cerca di trarre delle conclusioni: “La vittoria del Milan è l’ennesima concessione dovuta alle pecche dei nostri calciatori, sul primo gol la difesa lascia a Mènez spazio e campo, Koulibaly lo osserva come se stesse su una passerella e, colpe o non colpe, Rafael è un portiere muto. Non chiama la palla, non sbraita contro i compagni e non cerca di dare delle dritte utili alla difesa. Mi sono stancata di star li a ripetere sempre le stesse cose. Andujar in una sola partita ha urlato, parlato, impostato più di tutte quelle nelle quali ha giocato Rafael”.
Elisa ed Annita, in preda alla rabbia, accendono l’ennesima conversazione contro Benitez. “Non mi piaceva prima, non lo reggo adesso, sempre li a ripetere cosa ha vinto, coppe a destra, coppe a sinistra ma nessuno parla di quanti anni sono già passati, nessuno si preoccupa di portare alla ribalta i mesi nell’Inter. Ammettere i suoi limiti sarebbe l’inizio del cambiamento”. Prende fiato ed incalza Annita: “Non sarebbe un fallimento ammettere i propri limiti. Sarà anche un eccelso allenatore, ingegnoso ed intelligente. Ma sono proprio le persone intelligenti quelle predisposte al cambiamento. Questo campionato è ben diverso dai suoi trascorsi; qui non si gioca in velocità, non ha i calciatori adatti al suo modulo. Quindi, perché non provare ad adeguare il modulo ai calciatori e non viceversa?”. Attende che qualcuno le risponda, oppure semplicemente cerca nei silenzi un appoggio, il giusto sostegno.
Non tarda a farsi sentire Giusy: “Credo, fermamente, che lui sappia benissimo fin dove può arrivare con questi calciatori. Benitez ha scelto questa piazza per ridare vigore al suo nome, oltre allo stipendio multimilionario che non è da sottovalutare. Il reale handicap di questo allenatore è il voler a tutti i costi plasmare questo campionato a sua immagine e somiglianza, portando la squadra a giocare sotto pressione ed in un contesto per nulla tranquillo e sereno. Se non avesse questa concezione tarata del suo modulo, sempre, comunque ed ovunque, noterebbe che il centrocampo è in continua sofferenza. Ieri, ad esempio, Lopez e Jorginho erano perennemente sotto sforzo perché incapaci di effettuare la doppia fase”. Sospira tra l’afflitta e la rassegnata, sono mesi che ripete la stessa storia, ma tutte le volte sa che sarebbe più semplice far volare un asino che far cambiare modulo al Mister. Problemi che si accumulano, partite senza voglia, giocatori nervosi e senza spina dorsale che invece di trascinare, si trascinano nell’insoddisfazione generale e Gonzalo Higuain rispecchia totalmente il buio che offusca questa squadra. Argomento ampio, Il Pipita, tanto da far nascere delle vere e proprie fazioni tra le ragazze. Che sia un Top Player è indiscusso, che abbia la stoffa del campione è risaputo. Ma ha un difetto, a mio dire, uno di quelli che ledono in campo più di una cattiva prestazione. Manca di personalità, il nostro Gonzalo Higuain, manca di concentrazione e di calma. Sbraita, urla, alza la voce ma mai per spronare o incentivare, tutte le volte punisce con gli occhi, la rabbia lo acceca e lo rende insofferente, ma non reagisce, non lo fa mai. Aspetta che qualcosa cambi senza provare a cambiare in prima persona. Dovrebbe provare a rialzare la squadra, tirandola su per i capelli se serve, motivando ed incitando, sostenendo e supportando. Si dovrebbe avere fame di vittoria e non fingersi sazi senza neppure averci provato.
Giovedì 18 Dicembre, al San Paolo, arriva il Parma e non fatevi abbindolare dalla classifica, non lasciate che le vostre convinzioni prendano il posto delle certezze perché la palla è rotonda e vince chi porta a casa i tre punti.
Non siamo un popolo di jettatori, ma accaniti sostenitori, amanti passionali e nervosi cronici con un unico obiettivo prima della sosta natalizia: giocare la Supercoppa il 22 dicembre e vincerla, perché come diceva Enzo Ferrari “Il secondo è il primo dei perdenti”. E per chi avesse memoria breve, ricordiamo Pechino; ci hanno fatto qualche torto ed è giunto il momento di farci ripagare. Interessi inclusi.
di Anna Ciccarelli
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