Source Code ha inizio su un treno, all’interno del quale siete il veterano di guerra Colter Stevens, che non ha alcun ricordo di come sia giunto al suo sediolino. Ignaro di dove sia diretto, si ritrova dinanzi a una donna che pare conoscerlo, ma che lui non ha la minima idea chi sia. In breve tutto viene avvolto dalle fiamme, e lui, tornato nel suo corpo, si ritrova a parlare a un ufficiale attraverso un monitor, rinchiuso in una scatola metallica dalle fattezze incerte. Qualcuno lo ha coinvolto in una nuova missione, della quale però non può conoscere tutti i particolari. Dovrà produrre informazioni sull’esplosione appena vissuta, tornando sul quel treno nella pelle di qualcun altro.
Gyllenhaal è il protagonista di una complessa e ben diretta pellicola, che ha la non banale dote di tenere il pubblico con lo sguardo incollato allo schermo, indagando insieme al protagonista sul destino del treno e dei suoi passeggeri, ma soprattutto su cosa sia in realtà accaduto al protagonista.
In ogni salto che Colter fa su quel treno qualcosa cambia, ed è lui a provocare tale mutamento, generando, seppur per pochi minuti, uno squarci spazio-temporale in grado di dar luogo a un intero universo differente, seppur per pochi dettagli, da quello dal quale è partito.
Il mondo del calcio è costellato di momenti “what if”, dato che ogni singola partita vive sul filo del rasoio di scelte di singoli, partendo dal mercato societario al passaggio decisivo per lanciare un compagno in rete.
Il Napoli di Benitez, giunto ormai al suo secondo anno, pare aver fatto di questi momenti la propria religione, facendo dannare opinionisti e tifosi, “costretti”, come bandiere al vento, a cambiare la propria opinione in base alla scelta di un singolo nei 90’ minuti sul campo.
In tanti ritengono che il mercato Napoli della scorsa estate sia stato fallimentare, mentre il campo dice che il gruppo di Benitez si è semplicemente non rinforzato. Questo Napoli non è più forte di quello della passata stagione, ma di certo non è più debole. Siamo, uomo più uomo meno, la stessa squadra che tanto bene ha fatto nelle 38 gare del 2013-14. La differenza sta proprio nelle minime differenze che separano il nostro mondo, in cui un treno esplode misteriosamente, da quello in cui un uomo tenta in tutti i modi, passando centinaia di volte attraverso i dolori delle fiamme, di impedire che ciò accada.
Si potrebbe dunque supporre l’esistenza di una realtà in cui almeno uno dei più di trenta tiri scagliati contro la porta del Chievo abbia superato la linea bianca tra i due pali (magari su rigore). Un mondo in cui Gargano non debba marcare nel cuore dell’area due saltatori del Palermo, o Higuain provi a ingannare il portiere di turno (diciamo Sportiello) tirando esattamente nella direzione opposta a quella verso la quale si sta lanciando con netto anticipo. Un mondo in cui il pubblico, nonostante le migliaia di Napoli news catastrofiche lette sul web, che condizionano il giudizio di tanti, ricordi d’essere partenopeo (con tutto il carico di significanti profondi che ciò implica), e la smetta di comportarsi come una massa di ignoranti privi di passione. Cosa che Napoli non è abituata a vedere.
Un mondo tanto simile al nostro da pensare che Benitez e i suoi avrebbero davvero potuto rubare il posto ai giallorossi ed essere tanto vicini alla Juventus da tentare uno sgambetto e provare l’assalto alla vetta. Sarebbe bastato così poco da far forse ricredere qualcuno sulle effettive potenzialità di questa squadra (ma non sono così ottimista), anche se tutto ciò che conta è alzare un trofeo che non sia quell’inutile Coppa Italia che per due volte in tre anni nessuno avrebbe voluto.
Di certo quest’anno non saremo noi a festeggiare il piazza per quel tricolore, ma senza alcun dubbio in questo viaggio i nostri ragazzi non saranno degli spaesati e ignari passeggeri che vanno incontro all’inevitabile implosione di questo treno.
di Luca Incoronato (Twitter: _n3ssuno_)