Si sa, nella vita come nel calcio ognuno ha la sua nemesi. A prescindere dai valori in campo, dalla tecnica, dalla tattica, dalla legge dei grandi numeri; della statistica la cabala se ne infischia bellamente. La nostra è il Chievo – appena otto punti in undici giornate di cui tre pesantissimi al San Paolo – noi lo siamo certamente della Viola. Specialmente al Franchi, dove da tre stagioni di fila gli azzurri non falliscono un colpo. Nel 2012 fu un secco 0-3 (doppietta di Cavani, rete finale del pocho Lavezzi) ad abbattere i padroni di casa; l’anno successivo, il primo della gestione Benítez, 1-2 con i centri di Callejón, momentaneo pari di Rossi dal dischetto e Mertens. Stavolta pepito non c’era; in compenso c’era eccome il Pipita, autore dell’unica segnatura in una gara al limite della perfezione per l’“equipo” di De Laurentiis. Certo, si poteva e doveva chiuderla prima, ma il Napoli di queste ultime uscite lancia segnali incoraggiantissimi. Finalmente una squadra coesa, cuadrad… ehm, quadrata, scintillante dal punto di vista fisico e mentale. Con un David López all’altezza della situazione, un Jorginho che al suo fianco sembra aver ritrovato antiche sicurezze e automatismi, un attacco che, vabbè, che possiamo dire ancora dell’attacco…? Ma soprattutto con l’Albiol vero. Accanto a lui un ragazzino ventitreenne al quale fino ad ora non è stato risparmiato in campionato manco mezzo secondo. Per certi versi ancora acerbo, ci mancherebbe, però ormai si ha la netta sensazione che nell’orto partenopeo un nuovo fiore stia sbocciando. Un giglio puro, profumato. Di colore, ma bianchissimo.
di Domenico Ascione (Twitter: @vesuvilandia)