SHOWTIME – Senza pietà, a caccia di uno o forse tre posti Champions

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Nel 2000 Kinji Fukasaku porta nelle sale un vero e proprio psicodramma, toccando elevate vette di drammaticità, splatter e puro black humour. Tratto da un romanzo del 1999, il film porta il nome di Battle Royale e racconta le estreme conseguenze di una società malata e profondamente anziana, che teme l’avanzare giovanile. Per estirpare alla radice ogni speranza di rivoluzione delle future generazioni, viene emanato il Battle Royale Act, ovvero un macabro incubo portato sul piano del reale.

Una classe scelta a caso, alla quale è possibile aggiungere a scelta alcuni elementi destabilizzanti per rendere il tutto più “divertente”, viene trascinata in un luogo ostile e sconosciuto,  dove ogni adolescente presente dovrà lottare per la propria vita, conscio del fatto che il solo modo per poter continuare a respirare al termine del gioco sia quello di veder morire, per mano propria o altrui, chiunque lo circondi.

Al di là dell’ovvio massacro, protagonista della maggioranza delle scene della pellicola, la lente d’ingrandimento del regista si concentra ripetutamente sui risvolti psicologici di una tale situazione. In un micro universo privo di maschere e dai caratteri estremamente animaleschi, ritroviamo psicolabili finalmente liberi di agire, timidi omuncoli spinti verso la via del sangue dalla propria codardia e non solo, fronteggiando numerose sfaccettature dell’animo umano.

Fatti i dovuti distinguo, la serie A italiana si ritrova a vivere ogni anno un’agguerrita battaglia, che vede protagoniste svariate compagini provenienti da tutta la penisola, quella per un posto Champions. Tutti credono di potercela fare, di sopravvivere agli scontri diretti e di tenere alta la concentrazione fino alla fine, evitando cali d’attenzione che potrebbero procurarti una pugnalata alle spalle dall’ultima in classifica.

Si parte tutti dallo stesso identico punto, gli zero punti d’agosto, ma a differenza del film, in cui le armi sono distribuite a caso, il calcio consente di scegliere il proprio armamentario nel corso delle finestre di calciomercato Napoli. Rapidamente si delineano i soliti schieramenti, ma ogni anno spunta dall’anonimato della medio-bassa classifica una sorpresa, quella scheggia impazzita che, come uno dei tanti timidi secchioni della pellicola, non avrebbe mai lasciato ipotizzare di poter azzannare alla gola chiunque gli si parasse dinanzi.

Quest’anno il titolo va di diritto alla Sampdoria, che resiste agli sguardi accondiscendenti di chi ritiene di sapere già in anticipo cosa sarà di questa squadra, ovvero che calerà nel giro di qualche mese. Intanto per lei si parla di preliminari Champions, a pari punti con la Lazio, ritrovatasi dopo la passata travagliata stagione e l’addio dell’idolo Hernanes. Alle spalle una folta schiera di pretendenti, più o meno claudicanti, e avanti le due favorite, quest’anno però con sempre meno certezze rispetto al passato recente.

In questo scenario il Napoli è un bestione dagli enormi bicipiti e le gambe fragili. Armato, anche se non al meglio, si è gettato nella mischia, inciampando al primo passo, al secondo e ancora al terzo, fino a che le possenti braccia non sono riuscite a risollevarlo, di peso, lasciandolo in un fragile equilibrio che potrebbe durare una giornata così come trentotto, in attesa di conferme, soprattutto dalla “ritrovata” difesa, dopo i dubbi veronesi, l’amara normalità di bergamasca e l’eccellenza capitolina.

Prendere parte, volontariamente o meno, a una battle royale vuol dire non poter commettere errori, approfittando prontamente di quelli altrui. L’Europa pesa su tutti ma sulle prime della classe pare poter lasciare qualche strascico in più, dovuto soprattutto al cambio di panchina bianconero e all’inesperienza giallorossa.

Trascorso il decimo giorno di truce battaglia il divario tra i concorrenti pare meno ampio del previsto, e qualcuno, sfidando pronostici e auctoritas calcistiche, inizia a chiedersi se forse di posti in “paradiso” non ce ne siano a disposizione per le tante della retroguardia effettivamente tre, e soprattutto se esista davvero qualcuno che possa definirsi favorito in questo gioco al massacro.

di Luca Incoronato (Twitter: @_n3ssuno_)

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