Come tutti i nobili che si rispettino, anche Berthold V di Zahringen era un cultore delle arti venatorie. Un piacevole passatempo, un hobby in salsa medievale, ma anche e sopratutto un modo come un altro per rifuggire dalla tediosa monotonia della vita di corte. Particolarmente gradita al duca era la caccia al bahren, l’orso bruno delle Alpi. Non a caso chiamò Berna la città da lui fondata, elevando il grosso mammifero all’ambito rango di animale araldico. Fondare d’altronde era stato da sempre un verbo particolarmente caro dalla dinastia degli Zahringen: Berthold III aveva dato i natali a Fribrugo in Brisgovia, mentre Berthold IV, non volendo essere da meno del suo antesignano, aveva dato vita alla Friburgo elvetica. Vanità genealogica. Un autentico fattore ereditario, una perfetta successione mendeliana. A Berna però il gene della fondazione non si è disperso nel corso nei secoli. Si è evoluto, si è irregimentato ai tempi, ed ha trovato sfogo nello sport. Correva l’anno 1898 quando dalla passione calcistica di quattro imberbi studenti prese forma il Berner Young Boys Football Club. Dalla caccia al calcio. Scorrono le epoche, mutano i divertimenti, nasce lo Yooung Boys. Scelti il giallo e il nero come colori sociali, si va a giocare sulle sponde del fiume Aar. Schwellenmätteli non è esattamente il classico biliardo, somiglia vagamente ad una palude abidita al gioco del calcio. Dopo i primi anni trascorsi all’ombra dell’ingombrante FC Berna, i gialloneri della capitale cominciano a riscuotere consensi a partire dagli anni ’30. Traslocati nel nuovo impianto di Wankdorf agli inizi degli anni ’50, i capitolini vivono il loro apogeo calcistico sotto la guida di Albert Sing, conquistando quattro campionati elvetici consecutivi e una Coppa di Svizzera.
I PRECEDENTI CON GLI AZZURRI – Chiuso nel 1964 l’El Dorado targato Sing, è il 1966 l’anno dell’unico incrocio con i destini azzurri. L’occasione la offre la Coppa delle Alpi, competizione estiva di carattere amichevole a cui partecipano formazioni italiane ed elvetiche. Giocata con la formula del girone unico, nel raggruppamento assieme alla squadra partenopea sono presenti: Juventus, Losanna, Spal, Servette, Catania e Basilea. Reduci dalle rassicuranti affermazioni con Losanna e Basilea, gli azzurri affrontano lo Young Boys al Wankdorfstadium di Berna. E’ il 14 Giugno 1966. Per la terza giornata del girone il Napoli si impone 2-4 grazie alle reti di Sivori, Canè su rigore, Bean e Gatti. La squadra, guidata in panchina da Bruno Peasaola e trainata in campo dal trio Altafini-Sivori-Canè regolerà anche il Servette (3-1) nell’ultimo turno, aggiudicandosi il trofeo vincendo ampiamente tutte e quattro le gare disputate, mentre gli svizzeri riusciranno ad ottenere soltanto un pareggio con la Spal e una vittoria col Catania. Si consoleranno otto anni dopo, quando alzeranno al cielo la coppa.
I PRECEDENTI AZZURRI CON LE SVIZZERE – Oltre allo Young Boys, al Losanna e al Servette, affrontati e sconfitti nella Coppa delle Alpi 1966, il Napoli è stato spesso opposto ad avversarie rossocrociate. A partire dalla Coppa delle Alpi 1960, quando i partenopei furono abbinati al Bienne, col quale persero in trasferta 3-1 e pareggiarono con un pirtotecnico 3-3 tra le mura amiche. Per la rivincita con il Bienne bisogna attendere soltanto tre anni, quando il Napoli, che chiuderà il girone alle spalle del solo Basilea, regolerà la squadra del canton di Berna con un secco 2-0. Nella stessa edizione gli azzurri riusciranno anche ad avere ragione del Basilea con un adrenalinico 3-2, non riuscendo però comunque ad accedere alla finalissima con il Bologna, vincitrice del raggruppamento parallelo. Un altro suggestivo vis-à-vis con compagini elvetiche risale alla Coppa delle Fiere 1968/69. Avversario di turno il Grasshopper, superato con un 3-1 casalingo dopo una sconfitta di misura per 1-0 incassata a Zurigo. Infine ultimo precedente datato 1989/1990. Ai sedicesimi di Coppa Uefa dall’altra parte della barricata c’è il Wettingen. Dopo lo 0-0 maturato in terra elvetica, al San Paolo gli azzurri soffrono, faticano, ma riescono a strappare la qualificazione. Privi di Maradona, i partenopei vengono colpiti a freddo da un colpo di testa di Petersen. Il Napoli, scioccato, rischia di subire in più occasioni il colpo del ko, ma gli errori di mira di Eldmann e Corneliusson tengono a galla i ragazzi di Alberto Bigon. Nella ripresa, complice l’ingresso di Careca, cambia il canovaccio della sfida. Gli azzurri riacquistano fiducia e dopo solo due giri di lancette trovano la rete del pari: Mauro pennella da destra, Baroni svetta imperiosamente e per il malcapitato portiere giallorroso non c’è nulla da fare. Azzurri nuovamente in carreggiata, ma non basta. Al 74′ l’episodio risolutore: Mauro entra in area, con un paio di finte disorienta gli avversari fino a costringerli al fallo da rigore. Dagli undici metri lo stesso Mauro è glaciale nel trasformare la massima punizione e consegnare la qualificazione al Napoli.
A cura di Vincenzo Lacerenza (@vinlacer7)
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