Dimmi cos’è che ci fa sentire uniti anche se siamo lontani. Eh già, la miseria di trentacinquemila anime allo stadio per il big match del San Paolo. Una “roba pazzesca”, come direbbe il romanissimo De Sica (figlio). Va bene che l’orario pennichella e una meravigliosa giornata estiva non aiutavano la causa, ma si è trattato comunque di un’evenienza storica. Un segnale chiaro e forte della protesta montante, la rappresentazione tangibile di un malcontento diffuso e abbondante. Forse stavolta l’innamorato pubblico partenopeo si era presentato a Fuorigrotta con tutti i sentimenti. Sentimenti di rabbia, livore, pronti a trasformarsi in sonori fischi al primo, insignificante errore. Ma Insignific… ehm, Insigne e soci manco gliene hanno dato il tempo, sfoderando un inizio gara francamente al di là delle più rosee aspettative di parte. Il ciuccio che scalcia con forza la lupa già dai nastri di partenza, annichilendola senza se e senza ma, proprio com’era capitato al Bayern in Coppa. E com’era capitato pure a noi in quell’altra Coppa certo non altrettanto prestigiosa. Questo Napoli, come un toro scatenato e furente, quando vede giallorosso non ci capisce più niente. Diventa ingestibile, prorompente, terribile. Ora resta da capire per quale motivo non si riesca ad approcciare alle partite in un modo non dico identico, ma perlomeno analogo, e si passi invece dalla scialba prestazione di Bergamo a quella a dir poco scintillante di sabato pomeriggio. In attesa di consultare uno psicologo buono, ringraziamo per la seconda volta in due anni la Roma, che ci fa vivere e sentire ancora una squadretta nuova.
di Domenico Ascione (Twitter: @vesuvilandia)
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