Emil Hallfreðsson da Reykjavík non aveva idea di cosa avrebbe scatenato quel siluro a bruciapelo. Poverino, pensava di affossare definitivamente le ambizioni regali di un leone ferito a morte, e invece… E invece al suo segnale ha scatenato l’inferno, risvegliando l’orgoglio appassito di una squadra che finalmente ha ritrovato se stessa a due passi dal baratro. «È questo il vero Napoli», qualcuno osa dire adesso. Gli stessi che ieri e ieri l’altro inveivano contro Benítez, Insigne, persino Higuaín. Sacrilegio assoluto. Già, perché il Pipita è uno dei pochi attaccanti al mondo capaci di svincolarsi quasi completamente dalla schiavitù del gol: troppo intelligente, troppo talentuoso, troppo carismatico per non essere utile lo stesso. Col Verona ne sono arrivati tre in un colpo solo (quattro, senza quell’inesistente fuorigioco sbandierato frettolosamente), ed è subito tornato il sorriso. Dimostrazione cristallina di un attaccamento alla maglia per certi versi addirittura esagerato per un giocatore del suo livello. Ma si sa, gli argentini all’ombra del Vesuvio danno sempre il meglio, e il fuoriclasse di Brest per fortuna rispetta in pieno la tradizione. Altra notizia positiva della serata la doppietta di capitan Hamšík, così come la conferma ormai pleonastica di un Callejón mostruoso e da questa settimana pure pichichi solitario. No, il Napoli vero non è questo, purtroppo. O meglio non è soltanto questo. È una polveriera sempre pronta ad esplodere, certo, ma dietro… vabbè, ci ripetiamo; dietro è un disastro. Con la rosa così com’è, altri momenti bui verranno, ma esistono le basi solide per “costruire qualcosa di diverso” – citando il Mister . Nel frattempo però ci godiamo il bagliore accecante di tre stelle purissime (con una menzione speciale per un eccellente Lorenzo in versione assistman), ricordando che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” e tra le “stelle” e le “stalle” una semplice vocale.
di Domenico Ascione (Twitter: @vesuvilandia)
