A volte va così: il primo gol del match arriva al minuto 79 e al novantesimo ti ritrovi con un complessivo 2-2.
Le difese di Inter e Napoli si sono svegliate, anzi addormentate, negli ultimi dieci minuti del match e gli spettatori, soprattutto quelli neutri, si sono divertiti.
Ma quanti enigmi restano ancora irrisolti dopo la trasferta milanese?
INLER, ALTRO CHE LEONE – La sua presentazione a Napoli con tanto di maschera da leone è ormai diventato uno degli episodi che più fanno ironizzare i tifosi insoddisfatti.
A meno che non si riferissero al suo segno zodiacale (ma neanche, visto che è Cancro), il mediano svizzero non è mai stato Re della foresta napoletana, ma a memoria d’uomo non è riuscito ad impersonare neanche un semplice baronetto. Anche ieri sera, pur recuperando diversi palloni, è riuscito a regalarne parecchi diventando di fatto fra i principali rifinitori dell’Inter. Per non parlare dell’episodio più grave di tutti: è proprio lui che ha sulla coscienza l’aver perso Guarin sul primo pareggio, con una superficialità e una staticità imbarazzanti. E ora, dopo Gargano, persino David Lòpez è riuscito a sopravanzarlo nelle gerarchie, con quell’assist illuminante che dai piedi dello svizzero non parte da tempo immemore.
FINALMENTE IL 4-3-3 – È vero, ha ragione Benitez, in Italia ci piace tanto parlare di moduli e modi di giocare, anche troppo forse.
Il punto è che il 4-2-3-1 napoletano non regge più, semplicemente per due motivi: gli avversari l’hanno ormai imparato, e gli interpreti di alcuni ruoli fondamentali non sembrano in grado di garantirne l’efficienza.
A metà secondo tempo, con l’uscita di Hamsik e l’entrata di Jorginho abbiamo finalmente visto un 4-3-3 che garantiva migliore copertura e miglior rendimento.
Che sia il primo di tanti, insomma.
“INSIGNE ATTACCANTE, NO TERZINO” – L’aveva detto Zeman qualche settimana fa, ma i tifosi del Napoli in realtà se lo ripetono da un anno.
Non tutti gli esterni sono in grado di garantire quantità in difesa e lucidità davanti alla porta come Callejòn, coprendo 70 metri di campo ad ogni azione. Insigne, infatti, assolve magnificamente le sue mansioni difensive, ma tra Torino e Inter ha preso più legni di Ronaldinho nel famoso spot di qualche anno fa.
Il ragazzo napoletano dà l’anima per far contento Benitez, ma fare due cose a metà significa non farne una buona.
Se potesse giocare solo negli ultimi trenta metri, come qualsiasi altro attaccante di quella natura, parleremmo di un giocatore diverso.
Rafa, questa canzone viene a te, diremmo a Napoli.
A cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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