L’uomo è probabilmente l’animale col più elevato tasso di coscienza di se stesso. Proprio per questo è in grado di provare e in seguito analizzare i sentimenti che da tale coscienza scaturiscono. L’uomo sente, nel senso più profondo del termine, e questo è un punto fermo della nostra esistenza come la conosciamo che nessuno è in grado di negare, e dal quale nessuno, nonostante svariati tentativi infruttuosi nei secoli, è in grado di sfuggire.
Closer è un film del 2004, di Mike Nichols, tratto da un’opera teatrale e portato nelle sale cinematografiche con un cast alquanto esile, composto quasi prevalentemente da Julia Roberts, Natalie Portman, Clive Owen e Jude Law. Ecco Closer è una pellicola sul sentire, sul provare qualcosa a ogni passo, sguardo, incontro, e lasciarvisi trasportare e col tempo dissipare dal di dentro.
Per quanto primitiva e semplice possa apparire la serie A, nessuno, come detto, ha la possibilità di scampare ai sentimenti. E, non avendo a disposizione unicamente lo stantio binomio amore/odio, che nel semplice mondo calcistico si tramuta quasi sempre in ossessione/rancore, ci si ritrova anche qui, tra erba, curva e sala stampa, ad annegare in un ventaglio di sfumature.
Se le sfide contro la Juventus sono incentrate unicamente intorno al senso di rivalsa, lo scorso anno i match con l’Inter si sono guadagnati di diritto il titolo di sfide sentimentali. Inter-Napoli (o viceversa) non è mai stata nient’altro che una sfida di cartello. Da vincere, certo, ma priva di quel sottotesto d’emozioni di cui necessitiamo per elevare 90’ minuti di un evento sportivo ad altro da sé.
Il lento valzer degli ex però ha cambiato tutto, radicalmente. Ora a Milano occorre vincere, dimostrare d’avere un gioco migliore, gongolare per il successo (ma con finta eleganza) e possibilmente passeggiare sul corpo stanco del “nemico” esonerato. “Can’t take my eyes off you”. Ritornello cantato da Damien Rice in svariati nodi della trama. Ecco, Inter e Napoli non riescono a togliersi gli occhi di dosso, vicendevolmente. Mazzarri non è in grado di dimenticare quello che, ad oggi, è il suo passato più glorioso. De Laurentiis, “tradito”, medita vendetta e Rafa, pacifico uomo di mondo, calato in una realtà fin troppo emozionale, malcela serenità e indifferenza, pur avendo mostrato nelle scorse settimane la rabbia provata verso chi, oggi come ieri, in azzurro come in nerazzurro, lo aveva canzonato, lasciandosi ingannare da stazza e sorriso.
L’unico attore a non avere un vero e proprio ruolo in scena è Thohir, che da tempo ormai prende lezioni private da Moratti sulla gestione all’italiana di tecnico, squadra e media. Ad oggi però pare non aver ancora messo realmente piede in scena, lasciando parola e pubblico a chi, in maniera evidente o meno, si lascia consumare e trasportare da quel sentire, incapaci di guardare oltre, altrove o semplicemente qualcun altro.
di Luca Incoronato (Twitter: @_n3ssuno_)
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