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SHOWTIME – UK, andata e ritorno in 90′

Chi non ha mai pensato, nell’arco della propria vita, di voler vestire i panni di qualcun altro. Presto o tardi tocca a tutti, che si pensi a una persona in particolare o si abbia in mente un’idea di persona ideale alla quale si vorrebbe somigliare. Partendo da un concetto tanto banale Charlie Kaufman ha creato una delle pellicole più assurde del ventesimo secolo, Essere John Malkovich.

Alla modica cifra di 200 dollari la J. M. Inc. consente a chiunque di passare attraverso un portale sito al settimo piano e mezzo di un grattacielo di New York, approdando nella mente di John Malkovich. Per 15 minuti si potrà spiare l’attore attraverso i suoi stessi occhi, e magari istigarlo a fare qualcosa sussurrandogli direttamente nel suo subconscio.

Le conseguenze nella pellicola sono le più assurde e drammatiche, ma volgendo lo sguardo alla nostra tanto amata e detestata serie A, chi pare voler essere a tutti i costi qualcun altro? Senza ombra di dubbio la quasi totalità della nostra classe arbitrale. Consci del fatto che in Italia più si parla di cambiare qualcosa e più è complesso, per non dire impossibile, far prendere forma a tale cambiamento, senza proferire parola il mondo dell’arbitraggio nostrano ha deciso di bloccare l’ascensore al settimo piano e mezzo, piegarsi sulle ginocchia e iniziare a percorrere quello strano portale, che li ha condotti fino in Premier League.

La storia della fantascienza mondiale però insegna che i portali hanno il brutto vizio di fare un po’ come gli pare, e così qualcosa dev’essere andato storto, consegnando alla serie A dei veri e propri ibridi. Uno di questi è stato assegnato a Udinese-Napoli, Tagliavento.

Reticente perfino sul fischio d’inizio, per timore d’apparire troppo provinciale, il buon Paolo fa infine partire la sfida, o per meglio dire il match, beccandosi fin da subito urla dal campo e fischi dagli spalti, senza poter ascoltare i tanti “vaffa” urlati da casa e vedere quelli mimati dagli atleti in campo. Abituati alla regola non scritta del “contatto uguale fischio”, i calciatori non possono proprio fare a meno di protestare per qualsiasi situazione di gioco, dimenticando che il calcio è uno sport di contatto. Si gioca di più e si fischia di meno. Sul discorso dell’interrompere il gioco c’è da dire che, nonostante l’arbitro non osasse neanche pensare d’avvicinare il fischietto alla bocca, l’obiettivo non può dirsi propriamente raggiunto, dal momento che in tanti, armati di sguardo incredulo e confuso, continuavano ad attardarsi in mezzo al campo in attesa del fischio divino.

Poco male però. Da questo punto di vista i calciatori potrebbero abituarsi a questo genere di gestione della gara, iniziando magari a smettere di lagnarsi, tornando a correre come dovrebbero per quel “paio” di milioni di posta in palio. Peccato però che su tanti campi tale gestione non sia mai stati applicata, compreso lo stesso Friuli (almeno per quanto riguarda la seconda parte di gara). Se nel primo tempo infatti Tagliavento è riuscito a cavarsela, nel secondo si è passati da un’iniziale arbitraggio all’inglese da bignami, ovvero seguendo la regola base di un fischio ogni quattro contatti, al totale caos. Il gol di Danilo rende la gara complessa da gestire, e così l’ultimo quarto d’ora scorre lento, sommerso da fischi di ogni genere.

Ogni contatto viene fischiato e a volte sanzionato, segnando nettamente il ritorno da quello stranissimo portale. Paolo sveste gli abiti di “Windcut” per tornare a essere il solito Tagliavento, preoccupato delle polemiche, degli strascichi post gara e forse anche un po’ nostalgico del suo vero io, quello che ne fa un italiano fischiatore in piena regola, che trascorre almeno sessanta di quei novanta minuti regolamentari con un particolare gusto metallico tra le labbra, ansioso di concedersi il prima possibile quell’orgasmico triplice fischio.

di Luca Incoronato (Twitter: @_n3ssuno_)

Luca Incoronato

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Luca Incoronato

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