GLI AVVERSARI – San Mamete e Aranzadi, la vera storia del ‘Pichichi’ di Bilbao

pichichi

 

Mamete è uno dei santi pìù venerati dell’Oriente bizantino, il suo culto è antichissimo, diffusosi anche in Italia grazie all’opera di alcuni missionari orientali agli albori del cristianesimo. Alla sua devozione fu dedicata una chiesa di Bilbao ubicata nel quartiere di Calle Felipe Serrate. Dal 1913 il complesso religioso ha lasciato spazio ad un impianto sportivo: il San Mamès, ribattezzato così proprio in onore del Santo a cui era dedicato il santuario. San Mames o anche La Catedral, nomi e soprannomi ormai diventati leggenda per tutti gli sportivi spagnoli e non solo.

Lo stadio venne costruito per ospitare le partite interne della neonata squadra locale: l’Athletic Club conosciuto anche come Athletic Bilbao, una religione da quelle parti. Autarchia e protezionismo, sono da sempre i punti cardine di questa società, autentico elemento identitario della regione al pari della ikurrina. Eh si, perchè siamo in pieno territoro basco, o Euskadi come direbbe Sabino Arana, padre del nazionalismo basco moderno. Terra legata alla tradizione, alla cultura, ma sopratutto alla lingua basca: idioma antico e collante di un intero popolo che con esso si identifica. Voglia di indipendenza troppe volte trasformatasi in violenza, sopratutto per opera dell’ETA, sigla di spicco del’estremismo basco, responsabile dell’uccisione di oltre 800 persone. In questo scenario muove i suoi primi passi l’Athletic Club, sodalizio cittadino fondato ufficialmente nel 1901, ma già esistente ufficiosamente dal 1898.

Dopo la fondazione e una fusione con l’altro club cittadino, il Bilbao Foot-ball Club, si arriva finalmente al 21 Agosto 1913: data di inaugurazione del San Mames. Dinanzi a re Alfonso XIII Athletic Club e Racing Irun inaugurano il nuovo impianto. La partita termina 1-1. Non il miglior esordio possibile; tuttavia non sarà la freddezza di un risultato a consegnare questo incontro alla storia ma bensì il primo goal nel nuovo stadio messo a segno da Rafael Moreno Aranzadi, un nome che diventerà leggenda.

Soprannominato Pichichi, per via della modesta statura (154 centimetri), Aranzadi era esile, ma al contempo dotato di una possente muscolatura che gli permetteva di fungere da mezzala. Avvocato mancato, debutta a diciotto anni tra le fila del neonato Atlethic Club. E’ il 1911, i rojiblancos superano 2-1 l’Academia de Artilleria, grazie anche al primo goal del Pichichi con la maglia biancorossa, ne seguiranno altri 199. Dal 1914 al 1916, grazie al gioco spumeggiante ed efficace i bilbaini mettono in bacheca tre Coppe di Spagna ed altrettante Coppe di Biscaglia. Non solo encomiabili gesta sportive, ma anche acrobazie sentimentali: la leggenda narrà infatti che Aranzadi conquistò sua moglie, proprio nell’intervallo di una partita. Destino volle che a commemorare l’evento e tramandarlo ai posteri ci fosse Aurelio Arteta, pittore bilbaino autore del dipinto “Idilio en los campos de sport”. Ritratto inedito anche per un piccolo dettaglio modaiolo: Aranzadi infatti compare senza il tradizionale copricapo bianco, accessorio immancabile durante le partite.

Il romanzo calcistico di Aranzadi si chiude nel 1921, anno della vittoria della Coppa di Spagna, strappata in finale all’Atletico Madrid. Dopo aver appeso le scarpette al chiodo, anche la vita del Pichichi conosce il suo triste epilogo: muore nel 1922 all’età di trent’anni in seguito ad un violento attacco di tifo provocato da un piatto di cozze avariate. Da allora il suo nome è divenuto antonomasia del goleador. Alla sua memoria è intitolato il trofeo annuale che viene assegnato al miglior marcatore della Liga Spagnola e, sempre per celebrare il suo mito l’ 8 Ottobre 1926, L’Athletic Club eresse all’interno dello stadio un busto in suo onore, dove è consuetudine che i capitani delle squadre avversarie dei Leones porgano i loro omaggi. Rituale diventato liturgia che si ripeterà mercoledì quando Hamsyk depositerà un mazzo di fiori per omaggiare Aranzadi, sperando che il Pichichi sia fonte d’ispirazione per lui e per gli azzurri.

 

di Vincenzo Lacerenza

 

 

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