“Avere tanto tempo per porsi domande non è un bene.”
È così che il Brad Pitt di ‘Sette anni in Tibet’ spalanca le sue porte verso Marek Hamsik.
Sette anni, come quelli trascorsi già in maglia azzurra: il giovane slovacco sbarcò a Napoli nel luglio del 2007, presentato a stampa e tifosi insieme al Pocho Lavezzi.
Non c’è più, Ezequiel, ormai inebriato dai profumi della bella Parigi e sotto l’egida degli sceicchi del Psg. Marek, invece, quella maglia azzurra la veste ancora, con orgoglio, così come con orgoglio porterà la fascia di capitano della squadra, designato ufficialmente per la prima volta.
“Avere tanto tempo per porsi domande non è un bene.”
È vero, caro Marek. Eppure, siamo sicuri che, dal termine del campionato fino al primo allenamento di qualche giorno fa, hai pensato tanto.
Ad una stagione di transizione, con un nuovo allenatore, una nuova rosa, un nuovo modo di giocare ed interpretare il calcio.
Un anno difficile, in cui hai dovuto rimetterti in discussione dopo 6 anni in cui sei stato il faro di una squadra che ha sorpreso l’Italia e l’Europa.
Pochi gol, poche idee, poche luci e troppe ombre.
Eppure il tempo è passato, uno scorcio d’estate è andata via, ed ora si torna a faticare.
All’orizzonte un preliminare di Champions che vale mezza stagione, ed un’annata, quella della verità, per lo slovacco e tutto il Napoli.
Non è più tempo per chiedere pazienza ai tifosi. Non è più tempo per adattarsi ai nuovi schemi di Rafa.
Hamsik ripartirà dal Napoli e il Napoli, senza dubbi, non potra fare altro che ripartire da Hamsik.
Benitez gli ha chiesto 12 gol.
E il primo della nuova stagione, quello contro la FeralpiSalò in amichevole, l’ha messo a segno proprio lui.
Che sia di buon auspicio?
Di certo c’è che, dopo 7 anni passati con addosso la maglia azzurra, anche Hamsik merita un sorriso maggiore.
Di lasciare il Tibet e guardare il mondo con gli occhi di uno che ce l’ha fatta. Trascinando gli altri verso il destino che meritano.
A cura di Gennaro Arpaia (Twitter: gennarojenius9)