Hanno vinto i più forti, ma hanno vinto anche i più bravi: ha vinto la Nazionale che in questo mese ha mostrato non solo di avere una fisicità rilevante, ma ha anche vinto la Nazionale che nel corso dell’intero Mondiale ha giocato meglio delle altre, ha espresso le sue qualità e la sua organizzazione ed ha offerto sempre un’immagine positiva del suo modo di fare calcio. Ha vinto chi è stato in grado di esibire la propria idea e lo ha saputo fare con equilibrio, magari soffrendo in alcune gare – con l’Algeria, ad esempio – ma comunque sempre grazie una solida struttura tecnica e tattica. Ha vinto la Germania che ha fatto la Storia, perché mai nessuna europea in cento anni di Mondiali era stata capace di andare a trionfare in Sud America, e in questo successo c’è la sintesi di una Nazione, la capacità di lavorare in profondità – attraverso i vivai – la mentalità aperta verso nuovi orizzonti.
Questo è il progetto, nato nel 2006 e portato avanti attraverso la continuità di cui ha goduto Löw: c’è qualcosa di molto simile a quanto realizzato, proprio recentemente, dalla Spagna, ed ora sta alla Germania confermare che siamo dinnanzi ad un ciclo. Le possibilità – ed anche le prospettive – ci sono, perché siamo davanti ad una Nazionale che è molto giovane, che ha elementi di sicuro talento grazie ai quali potrà essere protagonista per un bel po’: e comunque è il modo in cui la Germania è andata a prendersi il Campionato del Mondo che è piaciuto, che ha colpito. Le pressioni non l’hanno assolutamente sfiorata: quelle le ha assorbite tutte il Brasile, incapace di gestirle sino al punto da esserne sopraffatto. E le difficoltà di ambientamento o di adattamento delle formazioni europee, quelle invece sono state mal digerite – anche per vari altri motivi, ovviamente – dalla Spagna, dall’Italia, dall’Inghilterra e dal Portogallo.
Questo è il Mondiale che comunque ha abbattuto il tabù del Vecchio Continente e la sua incapacità di essere vittorioso in Sud America: il terzo posto dell’Olanda premia una nazione che ha saputo cambiare e che però ha lasciato una sensazione strana in chi ha sempre ammirato quel modo di fare calcio, stravolto stavolta invece attraverso la difesa a tre e la marcatura ad uomo in ogni zona del campo. Chi ha stupito, trasmettendo una versione anche gioiosa di se stessa e della propria volontà di cercare lo spettacolo, è stato il Cile, una gran bella sorpresa. Ma questo è stato il Mondiale dalle Germania sin dalla prima fase, quella a gironi, quando già si ebbe l’impressione di essere al cospetto d’una formazione matura eppure non vecchia, costruita per cercare di vincere attraverso la fase di possesso palla ed un desiderio di palleggiare sempre. Persino nella partita più difficile, la finale, quella nella quale la difesa è stata chiamare ad affrontare gli attaccanti di maggior qualità, è sempre stato evidente il desiderio di riuscire ad emergere attraverso i concetti tecnici utilizzati per arrivare sin lì. Ed alla fine il miglior gioco di questo Brasile 2014 ha premiato i più bravi.
Ps: grazie a tutti per avermi seguito attraverso questa rubrica sul Corriere dello Sport-Stadio. Ci siamo fatti compagnia per un mese circa. Buona estate e buone vacanze a voi.
Fonte: corrieredellosport.it
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