Aurelio De Laurentiis ha rilasciato una lunga intervista al ‘Corriere dello Sport’ nella quale ha analizzato l’intero sistema calcio nazionale e non, offrendo la sua ricetta per rialzare il capo dopo i recenti risultati tutt’altro che confortanti in ambito europeo, sia a livello di club che di Nazionale:
De Laurentiis dieci anni fa: questo calcio è vecchio.
“E ricordo che dissi anche: è preistorico. Perché nessuno aveva interpretato il decreto legge del ‘96 con il quale le società di calcio si trasformavano in società per azioni con finalità lucrative; concetto quest’ultimo successivamente sostenuto anche dalla politica di Platini, che ha introdotto a conferma la regola del “fair play finanziario”. Ma potrei anche sottolineare – e non per citarmi – che in dieci anni m’è capitato altre volte di preannunciare ciò che sarebbe accaduto: penso ad esempio allo stadio-virtuale, divenuto sempre più importante. Guardandomi indietro, però, ciò che non mi ha convinto e continua a non convincermi è la mentalità superata ed improduttiva delle istituzioni del calcio”
Esiste secondo lei una figura in grado di porsi come riferimento per il calcio?
“Intanto, bisognerebbe ridisegnare compiti e competenze di Federazione e Lega. E una volta riformulati questi princìpi, allora si potrà procedere alla scelta del personaggio più idoneo. L’errore che si rischia di commettere in questo momento è quello di considerare l’investitura al ruolo di presidente della Figc come l’effetto di una nomina politica: precipiteremmo, a quel punto, in un viaggio senza ritorno”.
La voragine è nell’immobilismo del passato, ancor prima che nella decapitazione della Federcalcio…
“E se penso che la legge 91 ha ormai trentatré anni, inorridisco. È la dimostrazione che la Federazione va commissariata: tutti a casa, altrimenti è giusto che ci ridano alle spalle. Il responsabile di questo declino è chi non ha colto il mutamento epocale che ha allargato i confini del calcio, uno sport straordinario che però è diventato anche un’importantissima industria (almeno per quanto riguarda la massima serie). Ora serve immediatamente un tavolo dove si proceda alla modernizzazione: il calcio di serie A, ripeto senza stancarmi, va ritenuto un’industria alla quale va assicurato un adeguamento normativo. Gli investimenti meritano il rispetto anche della girusprudenza e non possono essere volati via decenni senza che sia mai stato registrato un intervento, uno solo, per adeguare e aggiornare ciò che è stato fatto nel secolo scorso”.
Scelga lei una serie di norme….
“Intanto, in Serie A, la possibilità di utilizzare i calciatori extracomunitari senza vincoli, né tetti. Ma perché la Federcalcio deve poter decidere la politica delle società? Un imprenditore deve combinare i fattori della produzione in totale libertà e senza lacci e lacciuoli posti anacronisticamente e autonomamente dalle istituzioni. Una Federazione non deve proibire, ma invitare a costruire: e come si fa, se esiste un solo Buffon, un solo Chiellini, un solo Immobile, un solo Insigne? Le 20 squadre devono restare sbilanciate tra loro? Si dovrà concedere a chiunque la possibilità di andare a comprare all’estero anche extracomunitari, come già avviene in altri paesi europei come appunto Belgio, Portogallo, ecc., per favorire la competizione anche attraverso la competenza di chi è preposto agli acquisti verificato il budget e sentite le esigenze dell’allenatore. In questo modo crescerebbe il livello del nostro calcio e con esso il livello dei giocatori italiani in squadra, e di ciò si avvantaggerebbe anche la Nazionale”.
Il campionato a sedici squadre è il format ideale della Serie A di De Laurentiis….
“E l’amico Claudio Lotito invece si accontenta di vincere le partite a metà, limitandosi eventualmente a ridurre a diciotto club il torneo del futuro. Ma io non invito a rivoluzionare l’attuale sistema per limitare la presenza di altre società: era già così nel 1986 e se vogliamo essere più competitivi in Italia e quindi anche in Europa, non possiamo stressare con questa quantità impressionante di partite né le società, né i calciatori. Se vogliamo allenare la Nazionale, dobbiamo trovare degli spazi che in questo momento non ci sono. E invece siamo tutti così egoisticamente compressi ognuno a difesa dei propri orticelli per una manciata di voti in più sia in Lega che in Federazione”.
Sono stati giorni difficili: la morte di Ciro Esposito è una ferita che resta.
“Un dramma collettivo d’una città straordinaria. E’ stata esemplare la famiglia di Ciro ma adesso bisogna intervenire e seriamente e rapidamente, fronteggiando il pericolo della violenza in maniera semplice ma decisa. Va riavvicinato al calcio chi ama il calcio. Serve una volontà generale e l’introduzione di leggi da applicare, come accaduto in Inghilterra: prima hanno svuotato gli stadi dagli hooligans, poi li hanno riempiti”.
Dieci anni dopo, rileggendosi dentro, avverte la fatica o il peso di uno sforzo non solo economico?
“Ho dovuto costruire da zero un nuovo club e l’ho dovuto fare in condizioni particolari, con la tensione che trasmetteva la priorità di conquistare in fretta la serie A mentre invece ancora affrontavamo le difficoltà e le complessità della C e della B. E quando poi siamo tornati tra le grandi, le nuove richieste: competere ai massimi livelli prima in Italia e poi in Europa. Però ce l’abbiamo fatta come Napoli e sento la soddisfazione di aver provveduto ad imprimere, nel nostro piccolo, una svolta: il fair play finanziario non è stata l’unica mossa per mostrare che esistono strade alternative da percorrere…”.
Ripartendo dal basso: è anche lì che bisogna incidere.
“E ci mancherebbe. Perché le fondamenta danno stabilità al sistema, lo sostengono attraverso l’integrazione. La serie C ma anche la serie B devono rappresentare il serbatoio del calcio italiano, ma questa è vicenda ormai decrepita e si continua a procedere attraverso l’improvvisazione: è lì che i giovani devono essere testati, verificati, e sarebbe in quei campionati che andrebbero introdotte nuove forme di regolamentazione, l’obbligo a schierare solo italiani under 25 ed infine di vietare, in questo caso sì, il tesseramento di calciatori stranieri”.
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