Non è facile per noi romanisti commentare questa vicenda. E’ superfluo anche consegnare al web il nostro più profondo cordoglio alla famiglia di Ciro Esposito, non sanno cosa farsene, non ci conoscono e non ci conosceranno mai, non gli riconsegnerà il figlio, e la perdita di un figlio è un dolore inenarrabile.
Forse la compostezza è la migliore reazione da parte nostra. A distanza di due mesi non sappiamo esattamente cosa e come è accaduto e speriamo che, quanto prima, si possa fare luce in maniera definitiva su questa brutta vicenda, senza sconti, senza insabbiamenti, senza italici dubbi su tutto e tutti.
Vicenda che porterà strascichi, alimentata dalla vigliaccheria garantita dall’anonimato di migliaia di surfisti del web che, per conto proprio ma a nome di persone che non rappresentano, insulteranno, minacceranno e riempiranno pagine di odio incomprensibile ai più. Tanto, al comodo delle loro stanzette davanti ad un computer, i clamori e gli umori del mondo esterno arrivano ovattati e lontani.
Attingeranno e alimenteranno il fuoco anche gli sciacalli della carta stampata, ora che l’Italia è fuori dal mondiale e non ci sono guerre in giro da raccontare, inventeranno titoli mirabolanti, li state già leggendo: “i tifosi del Napoli pensano di attaccare il roma club testaccio”, “su facebook i romanisti insultano la memoria di Ciro Esposito” “la questura prevede”, bla bla bla.
Le conseguenze di tutto questo è l’inasprimento di sentimenti già tesi, logorati da una vita senza certezze economiche, lavorative, senza un ideale di sviluppo e progresso, con unico riferimento il dio denaro che tutto insozza e corrompe.
La nostra società è malata e priva di prospettive e il calcio, che muove interessi economici mostruosi rispetto all’effettiva valenza, è la parte “più malata del malato”.
E’ agli occhi di tutti il fallimento italiano di uno sport che ci vedeva pionieri e modello, nel quale il talento e la capacità naturale ci hanno permesso di essere faro per decenni e decenni.
Poi sono arrivati i soldi, tanti, e il calcio si è riempito di squali senza amore e senza competenze .
Il risultato è quello che vediamo tutti: ai margini in Europa e nel mondo, stadi vuoti e inadeguati, nei quali non risuonano i cori di amore e passione per la propria squadra, ma gli insulti e le più becere frasi rivolte all’avversario.
Li ascoltano e li ricantano i bambini nelle scuole calcio, scuole calcio dove non si insegna calcio e nemmeno la vita, perché è un business anche quello e non una palestra. E si creano muri, barriere, divisioni dove ci dovrebbe essere unità, comunione di intenti, sano cimento.
Parte proprio dal basso, dalle scuole calcio, e arriva alla nazionale il marcio di uno sport che rappresenta il marcio di un paese. Tutti ci vogliono guadagnare, pochi lo amano.
Vale per il calcio ma, se al posto di calcio scrivi Italia, o scrivi politica, o economia, i concetti e le storture sono le stesse.
Non abbiamo panacee o soluzioni a questo.
Forse, l’unica cosa che possiamo fare è cercare di essere “hombre vertical”, come dicono mirabilmente gli spagnoli, infondere i nostri principi ai nostri figli e ricordarli a noi stessi, cercare di rimettere a fuoco che ci sono cose insindacabili e invendibili: la famiglia, il progresso sociale, il rispetto verso gli altri, anche la patria per la quale si è combattuto e sofferto per secoli; alimentare in maniera sana le passioni e nuotare in questo mare di merda che ci ritroviamo intorno proprio da “hombre vertical”: più ce ne lasceremo dietro, meno ne consegneremo al futuro.
E’ difficile, è difficile ma non impossibile.
Un saluto e un pensiero a tutti quelli che, seguendo la propria passione, si sono trovati nel posto e nel momento sbagliato: sono tanti, troppi.
Sempre forza Roma.
Associazione Core de Roma