A metà degli anni ’80 Martin Scorsese riporta in auge un classico in bianco e nero del 1961, “Lo Spaccone”, di Robert Rossen. Contatta Paul Newman e gli propone un sequel al fianco di un giovane attore, Tom Cruise, che al tempo tutti conoscevano come Maverick. Paul dice sì, o più probabilmente “yes”, nonostante l’Eddie lo svelto del primo film abbia ben 25 anni in più, ed è così che nasce “Il colore dei soldi”.
Al centro di tutto c’è la voglia di scommettere. Sugli altri, quando si tratta di approfittare delle loro incapacità, sul proprio talento o su quello altrui. Benitez, così come Eddie, ricorda con amarezza l’ultima esperienza ai bordi di un particolare rettangolo verde. L’Italia non ha di certo trattato con i guanti Rafa l’ultima volta che ha provato la scalata al successo, mentre Felson lo Spaccone si è ritrovato del sangue sulla coscienza quando ha tentato in tutti i modi di far soldi al tavolo da biliardo con la sua Balabushka.
Per entrambi però è tempo di rivincita. Newman, armato dei soliti occhiali da sole, riscopre la passione per il gioco, ormai annegata in anni di whisky. A permetterlo è Vincent, sul cui talento decide di tornare a scommettere. Nei locali in cui i due entrano per giocare, con al seguito una splendida Mary Elizabeth Mastrantonio, nessuno punterebbe due soldi su di un pivellino arrogante dalla faccia pulita come Vincent, ma Scorsese è deciso a dar loro torto marcio. Da vero giocatore Rafa torna in Italia con una triplice scommessa, puntando sull’incapacità degli altri di comprendere il suo calcio e alcune scelte operate sul mercato Napoli, su se stesso, certo di poter partire alla conquista della serie A, e sul talento del giovane José.
Lo stile dei due giocatori è di certo differente. Eddie nasconde le proprie carte fino a quando il malcapitato di turno non si è reso conto d’essersi fregato con le proprie mani, mentre Rafa ha chiarito fin dal primo momento il suo pensiero riguardo Callejon: “Attenti – parafrasando – che questo qui è capace di far 20 gol al primo anno in Italia”. A tale affermazione le risate presuntuose si sono sprecate, ottenendo un fastidioso frastuono durato giorni che neanche le peggiori sit-com americane.
Rafa però non può affidarsi alle mani di Scorsese. Come tutti e, calandoci nella finzione narrativa, come lo stesso Eddie, deve sottostare allo spesso crudele destino. La sua dunque è una scommessa in piena regola. Legale, per usare una sua espressione. Alla fine però Callejon, così come Vincent, dà il meglio su quel rettangolo verde. Batte tutti, compresi i tanti che lo avevano criticato all’arrivo, che oggi lo applaudono e che inizieranno a fischiarlo al primo calo tra qualche anno (anche se nel frattempo dovesse divenire capitano e simbolo). Corre ma soprattutto segna, fermandosi esattamente a quota 20 reti stagionali.
Eddie e Vincent però non sono in grado di lavorare fianco a fianco. Sono identici, con l’unica differenza che il primo ha probabilmente il doppio degli anni dell’altro. Ne ha viste troppe Eddie per poter star dietro alla follia di Cruise, e per questo torna a fare quello che gli riusciva meglio, giocare da solo, pronto a riscattarsi agli occhi del suo mondo. Di certo Napoli spera che l’idillio tra Benitez e Callejon possa durare ancora a lungo ma, comunque andranno le cose, è intrigante immaginare un Rafa che passeggia sulla linea che delimita quel maledetto rettangolo, sussurrando con un ghigno, proprio come Eddie: “Hey, I’m back!”.
Di Luca Incoronato (Twiter: @_n3ssuno_)