di Domenico Ascione (Twitter: @vesuvilandia)
Va bene, abbiamo capito che lo scudetto quest’anno non lo vinciamo. Siamo d’accordo che il progetto del maestro Benítez ha appena preso il la. Vogliamo ammettere che la squadra è in gran parte nuova e che ha bisogno di tempo e dell’amalgama giusto per cementarsi a dovere. Passi pure che il Bologna è da almeno due anni a questa parte un avversario assai più scomodo di Arsenal e Manchester City messe insieme, però a tutto c’è un limite, signori miei. La prima parte di gara al “Dall’Ara” è un insulto all’intelligenza e alla pazienza del tifoso più accanito di questo mondo. Poi uno dice la Juve, i favori arbitrali… Senza offesa per nessuno, la Banda Ballardini è una squadra di almeno un paio di categorie inferiore a quella pilotata (peraltro sapientemente) dal caro “Don Rafè”, e i secondi quarantacinque, anzi no, facciamo quarantaquattro minuti di gara ne sono la riprova perentoria e inconfutabile. Il Napoli a Bologna doveva stravincere, aggredire la gara sin dalle battute iniziali, come è solita fare la Juventus di cui sopra, portarsi a casa i tre punti e passare alla prossima. E invece no; per l’ennesima volta scivoliamo sulla fatidica buccia di banana, così il distacco dalla Roma aumenta e intanto anche la Viola si fa minacciosa. Ormai l’hanno capito pure i sassi; un paio di elementi non sono da Napoli, o quantomeno non da primi undici. Fernández e Inler sono buoni giocatori, ma poco c’entrano con un gruppo che ha l’ambizione malcelata di competere con le più grandi d’Europa. Presidè, il tempo delle promesse è finito, adesso Bastos (ehm, andato), adesso Basta (l’Udinese non lo cede); vabbuò, San Jorgì, miettece ‘a mana toja.
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