Insigne: “Da ragazzino il mio San Paolo era di mattonelle, ecco chi c’è dietro al mio successo”

 

Diventare calciatori di successo ci sta, dimenticare le proprie origini no. Lorenzo Insigne lo sa bene, ragione per cui racconta la sua esperienza da ‘calcio di strada’ alle pagine del Corriere dello Sport, non nascondendo la commozione e svelando il segreto che si nasconde dietro il suo talento: “Mò voi forse non ci crederete, ma quello per me era uno stadio: non saprei come chiamarlo, forse un recinto, certo non un cortile, quello te lo immagini almeno con la terra battuta. Invece il mio piccolo San Paolo era con mattonelle, quelle che si usano per gli appartamenti: un terrazzino, se volete, tra i palazzoni popolari di via Rossini, a Frattamaggiore, dove sono cresciuto. Si giocava a tutte le ore, si rompevano le scarpe: io ero piccolo, chiaramente, e mio fratello Antonio, più grande di tre anni, mi faceva da chioccia, mi portava con sè perchè doveva battere la squadra di Giulio, di Antonio ‘Schillaci’ e di Antonio mio cugino. C’era la ringhiera, avete presente? Quando il pallone la toccava, era fallo laterale. Per palo c’erano i libri o una grossa pietra: e lì bisognava immaginare, quando la traiettoria era a mezz’altezza, se fosse gol o fuori di poco. Ci divertivamo con poco: io pensavo che era come stare a Fuorigrotta, facevo le finte pure da bambino, e quando mamma o papà chiamavano, erano sempre ‘altri cinque minuti’. Ora che ci penso, però, forse ha ragione Antonio mio fratello, che quando stiamo a tavola con Roberto, l’altro fratello mio, mi dice sempre: ‘t’ho insegnato io tutto’. E chi se lo dimentica “‘o campetto” di via Rossini”.

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S.U.

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