IL CASO – Stadio a Ponticelli, il vicesindaco al telefono: “In tre contro il nostro asse”

 

Se fosse vera quella frase intercettata, ma solo se fosse vera, tre ex assessori della giunta De Magistris sarebbero stati silurati perché avrebbero fatto ostruzionismo. Rispetto a chi? O meglio: rispetto a cosa? Se fosse vera una intercettazione oggi agli atti dell’inchiesta sul progetto di portare il nuovo stadio a Ponticelli, tre ex assessori avrebbero pagato lo scotto di aver provato a rompere un asse, una sorta di accordo, di patto non ancora ben chiaro ma quanto meno sospetto su cui la Procura indaga da tempo. È uno dei retroscena dell’inchiesta che vede coinvolti il vicesindaco Tommaso Sodano e l’imprenditrice Marilù Faraone Mennella: indagine per corruzione, c’è l’ipotesi che per mesi pubblico e privato siano andati a braccetto, a dispetto del libero mercato e della concorrenza, al punto tale da costruire una sorta di corsia privilegiata per favorire un gruppo di imprenditori capitanato dalla Idis, la società immobiliare a sua volta ritenuta gestita di fatto dalla Faraone Mennella.
Inchiesta su Naplest (la riqualificazione della periferia orientale) e sulla possibilità di portare a Ponticelli il nuovo stadio del Napoli, sotto i riflettori progetti mai decollati: ma discussi nelle stanze della politica e nelle camere di compensazione degli affari che contano, per mesi anche al centro di procedimenti amministrativi su cui oggi il pm vuole vederci chiaro. Inchiesta condotta dall’aggiunto Gianni Melillo (al lavoro i pm Danilo De Simone, Luigi Santulli, Maria Sepe e Ida Teresi), siamo allo snodo che conta. Mesi di intercettazioni telefoniche, ce n’è una su cui la Procura è chiamata ad assicurare approfondimenti a stretto giro: quella in cui Sodano parla di un ipotetico tentativo di di tre assessori – gli ormai ex Realfonso, De Falco e Di Nocera – di «rompere l’asse», tanto da spingere ancora lo stesso Sodano a lasciarsi andare a una sorta di commento: è per questo – in sintesi – che dobbiamo liberarci di loro. Quanto c’è di concreto, al di là delle conversazioni captate? Storia controversa, come emerge da quanto avvenuto pochi giorni fa a porte chiuse dinanzi al gip Isabella Iaselli: è stato il giudice per le indagini preliminari a rigettare la richiesta di archiviazione della posizione di Sodano e Faraone Mennella, nell’ambito delle indagini sullo stadio San Paolo. Difesi dai penalisti Francesco Picca e Sebastiano Giaquinto, Sodano e Faraone Mennella si dicono pronti a chiarire in Procura la propria versione dei fatti, in un procedimento che ha fatto registrare una sorta di stop and go. Non potendo andare oltre con le intercettazioni (come stabilito dal gip Pietro Carola), la Procura aveva chiesto l’archiviazione, sulla quale però il gip Iaselli si è mostrato di parere opposto. Tanto da firmare una indagine coatta a carico dei due indagati, alla luce di un principio fin troppo chiaro a tutti: andare oltre quelle intercettazioni, convocare in Procura almeno una decina di potenziali testimoni (tra politici e imprenditori) sulla storia di un progetto mai nato ma tanto discusso dentro e fuori i Palazzi del potere. Una indagine coatta – scrive il gip Iaselli – «risulta infatti indispensabile approfondire il tema delle intercettazioni relativamente agli accordi con un soggetto privato, quale Faraone Mennella». E da chi dare inizio? È lo stesso gip che chiede al pm di ascoltare i tre ex assessori, a partire da Riccardo Realfonzo, che nella storia recente delle indagini su Palazzo San Giacomo è stato già ascoltato come teste d’accusa. Tempi contingentati dai piani alti del Tribunale, la Procura deve adeguarsi alle disposizioni del gip, a caccia di riscontri in grado di fornire una lettura armonica sul rilancio – mai avvenuto – di un pezzo di periferia orientale. È così che nei prossimi novanta giorni, la Procura dovrà ascoltare – oltre ai tre ex assessori – anche il segretario generale del Comune, tanto per capire quali delibere sono state adottate con il lancio del project financing legato allo stadio; poi toccherà agli imprenditori Dario Boldoni, Aurelio De Laurentiis, Ambrogio Prezioso e Angelo Lancellotti, anch’essi convocati come persone potenzialmente informate dei fatti. Hanno preso parte al dibattito sul nuovo stadio, si sono espressi sui giornali, magari hanno lanciato strali o accuse esplicite su quanto avveniva a Palazzo San Giacomo. È ancora il gip Iaselli a dare disposizioni: questi imprenditori possono dirci di più di quello che emerge dalle parole captate in questi mesi in Procura, tocca indagare ancora.

Fonte: Il Mattino

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