L’ex presidente del Napoli, Corrado Ferlaino, ha rilasciato una lunga intervista al ‘Corriere dello Sport’, parlando in particolar modi di Diego Armando Maradona e della mancata cessione al Marsiglia all’epoca. Eccola di seguito
Marsiglia cosa le ricorda, ingegnere?
«Una vicenda sulla quale si è fatta troppa confusione e con la quale si può far chiarezza. Ho tutto qui, in testa, mi sembra ieri: e sono contento di aver fatto ciò che non feci».
Cioé: vendere Maradona.
«Sono stato il suo carceriere e rivendico ciò con orgoglio. Avrei potuto cederlo all’Olympique Marsiglia, nell’89 e scelsi l’unica linea che ritenevo e ritengo ancora oggi percorribile: rifiutare non solo la trattativa, ma persino l’incontro con Tapie».
Al quale sbattè la porta in faccia?
«Detto così è forte. Invece preferii evitare di rispondere ad un esplicito invito: lui venne a Napoli, ma io non lo ricevetti. L’avessi fatto anche solo per cortesia, sarebbe venuto fuori un pandemonio, avrei offerto la possibilità di scrivere qualsiasi cosa, avrei alimentato discussioni di ogni genere».
Fu un no senza possibilità di replica.
«Immediato. Il Marsiglia aveva parlato direttamente con un mediatore e con il procuratore di Diego, da me arrivò in un secondo momento. Io non concessi nessuna speranza, anzi evitai persino di pranzare assieme. Io non avevo intenzione di privarmi di Diego, l’avessi fatto il Napoli non avrebbe vinto il secondo scudetto».
100 milioni di euro per Bale, impossibile immaginare quanti ce ne sarebbero voluti per Diego. S’è mai pentito?
«Ma che scherza? Maradona è stato il più grande di tutti e di sempre: non so cosa valga oggi Messi ma Maradona non aveva prezzo. E se pensate di dare una quotazione di mercato a Messi, allora per Diego dovete raddoppiarla».
L’ha sentito in tv l’altra sera?
«Certo che sì, ma io faccio sempre un distinguo. Lui è stato calciatore insuperabile e altro non voglio aggiungere».
Poteva fare il colpo della vita per il Napoli.
«Ma siamo matti! Maradona era intoccabile e lo resta tutt’ora. Le dirò altro: io nel tempo divenni amico di Tapie, avemmo modo di discutere di quell’epoca e di quel suo desiderio di concedersi il calciatore più forte in circolazione. Lo invitai a pranzo a Capri, andammo da Paolino, ristorante con il limoneto: sorridemmo del passato, capì il perché di quella mia decisione. Poi fui suo ospite in Francia, aveva ovviamente una casa meravigliosa: c’era con lui un procuratore belga, tale Luciano, che mi segnalò un giovane Boghossian».
A.I.
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