Stadi, arriva la ‘condizionale’ sulla discriminazione territoriale

 

A volte basta poco per cambiare il corso della storia. Da oggi in poi i cori per essere sanzionati dovranno « per dimensione e percezione reale del fenomeno» essere realmente «espressione di discriminazione». Come evidenziato da Il Corriere dello Sport, ieri il Consiglio Federale ha riformato l’impianto sanzionatorio della normativa predisposta a giugno e modellata sulla «tolleranza zero» adottata dall’Uefa contro il razzismo. L’hanno approvata all’unanimità. Ma la cosa non inganni perché c’è stata battaglia: i presidenti della serie A (Lotito e Pulvirenti) guidati dal presidente, Maurizio Beretta, avrebbero preferito un ammorbidimento maggiore. Ad esempio, la sostanziale caduta della famosa «discriminazione territoriale», la individuazione «restrittiva» delle porzioni di stadio da cui il coro è partito (dai settori ai sottosettori). Giancarlo Abete che ha anche rinfacciato ai club di A di non aver stigmatizato in alcuna maniera le dichiarazioni degli Ultras che si erano coalizzati per chiudere di tutti gli stadi, ha tenuto duro ma ha dovuto cedere su quella formulazione un po’ vaga.

CASO – Il problema è stato fatto deflagrare dai tifosi del Milan che allo Juventus Stadium si sono abbandonati a cori offensivi nei confronti dei napoletani. Il giudice sportivo, Tosel, aveva chiuso il Meazza, la Corte di Giustizia federale lo ha riaperto seppur con una sospensione della condanna, facendo, comunque capire che nella vicenda in oggetto «dimensione e percezione» potrebbero non essere stati tali da configurare una offesa. La chiusura aveva determinato una sorta di allenza tra ultras, ma anche i tifosi tiepidi erano stati portati a solidarizzare con i settori più caldi dello stadio venendo loro impedito di assistere a una partita per una violazione che non li aveva riguardati. Saldatura pericolosa. Non è un caso che presso la Corte di Giustizia, un gruppo di abbonati rossoneri abbia affidato all’avvocato Enrico Lubrano il compito di avviare una sorta di class action. A Cf terminato, Adriano Galliani ha «benedetto» la soluzione: «Una norma logica che viene incontro ad una serie di esigenze, con il discorso della condizionale presente nel regolamento Uefa».


MODIFICA – Il provvedimento (che entra in vigore immediatamente perché si inserisce perfettamente nel quadro di riferimento dei principi del Coni) contiene altre due sostanziali novità. Tanto per cominciare: la seconda sanzione non porterà automaticamente alla chiusura dell’intero stadio. Si potrà proseguire con «sprangature» parziali sino a quando quei tifosi poco rispettosi della dignità umana non avranno messo la testa a partito. Su questo terreno, la serie A avrebbe voluto qualcosa di più: l’individuazione del punto preciso da cui il coro è partito per limitare al minimo la chiusura. Abete ha replicato che una cosa del genere sarà possibile nel momento in cui i club divideranno meglio gli stadi. Un altro cambiamento ha riguardato la sospensione della pena: se ci si comporta bene per un anno la sanzione decade. I presidenti avrebbero voluto un dimezzamento: sei mesi. Beretta, Lotito e Pulvirenti hanno provato a rilanciare l’idea delle attenuanti, ma una simile soluzione avrebbe indebolito troppo la normativa. Infine, l’offensiva contro la discriminazione territoriale non è passata.

CONDIZIONALE – Questa è in realtà la novità maggiormente caratterizzante. Chi ha la pena sospesa, però, corre su un sottilissimo filo. Dopo un anno di «buona condotta» la sanzione scompare ma se durante quei 365 giorni lo stadio replica le offese, la sospensione viene cancellata, e alla vecchia sanzione se ne aggiunge una nuova. Ora, sulla base di questa norma, la Corte di Giustizia Federale potrà valutare dimensione e percezione del coro incriminato. A patto che il procuratore federale, Stefano Palazzi, riesca a portare elementi probatori inconfutabili. Una cosa è certa: duecento persone che insultano sono da considerare una dimensione rilevante. Lo dice Abete.

 

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