di AntonioPapa (Twitter: @antoniopapapapa)
#colpevoledipacifismo: questo hashtag è devastante almeno quanto è vero. Napoli si ribella ed esprime solidarietà all’assurda situazione di Cristian D’Alessandro, il giovane attivista di Greenpeace arrestato dal governo russo e incarcerato da settimane nella prigione di Murmansk, dove vive in una cella minuscola insieme a detenuti comuni, senza acqua potabile, senza assistenza sanitaria, con pochissimo cibo e videosorvegliato perfino in bagno. Tutto questo per un’accusa incredibile: pirateria. Pirati non violenti, disarmati, che manifestano pacificamente contro gli scempi sulla natura. Pirati. Come se Greenpeace non fosse un’associazione nota in tutto il mondo proprio per la sua attitudine al pacifismo e alla specchiata moralità.
I FATTI – E’ il 19 settembre e in Italia arriva la notizia, cavalcata dai media il minimo indispensabile, perché non si tratta di un militare, non si tratta di un marò e neanche un ricco turista in vacanza ai Caraibi. Trenta attivisti di Greenpeace vengono arrestati dal governo russo mentre, fra le pallottole degli “assaltati” (VIDEO) cercano di attaccare uno striscione alla petroliera Gazprom che staziona nell’Artico, con un messaggio che sembra tutto fuorché di guerra: Save the Arctic. Fra questi c’è Cristian D’Alessandro, 32 anni, tifosissimo del Napoli, laureato in biotecnologie e diventato “ufficialmente” attivista da circa un anno, dopo un paio d’anni di volontariato. Detenuti ormai da un mese, ai ragazzi non è stata concessa la libertà su cauzione e anzi nel corso del processo la loro posizione si sta aggravando sempre di più. La richiesta di pena è clamorosa: quindici anni.
LA MADRE – Comprensibile la preoccupazione della madre, Raffaella Ruggiero, che ha provato a sensibilizzare il Governo italiano e l’opinione pubblica con un’intervista in tv (alla trasmissione “In mezz’ora”, su Rai 3) e con una splendida lettera aperta a Giorgio Napolitano: “Cristian aveva il sogno di contribuire a costruire un mondo migliore – si legge in un passo della missiva – ed ha creduto di poterlo fare pacificamente con i suoi compagni di Greenpeace. Questo sogno adesso è una colpa, anzi un reato gravissimo […] Mai avremmo creduto di vederlo in prigione, lui persona pacifica, non violenta, amante della natura, della musica, della compagnia semplice e schietta, accusato di pirateria e di atti violenti”. Parole miti ma decise, di una madre coraggiosa e determinata a riportare a casa un figlio coraggioso almeno quanto lei.
LO STRISCIONE – Napoli, la sua città, si è mobilitata subito per riportarlo a casa. Dallo striscione affisso al Maschio Angioino agli appelli del sindaco De Magistris, non mancano le pressioni sulla Russia. L’ultima arriva dallo stadio San Paolo, dove va in scena Italia-Armenia. Un nutrito gruppo di persone, fra amici fraterni di Cristian e semplici simpatizzanti, ha preparato uno striscione che è stato esposto in curva B, con la speranza che le telecamere Rai possano inquadrarlo e parlare finalmente di una situazione paradossale, trattata finora soltanto in maniera superficiale. Cristian libero. Un messaggio semplice ma forte. Semplice come lui, come la sua famiglia e come i ragazzi che ne perorano la causa. Semplice come il messaggio che trasmette Greenpeace. Semplice come il motivo per il quale Cristian D’Alessandro deve tornare a casa: perché è colpevole di pacifismo.
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