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Benitez: “Alla mia squadra non serve Cavani. De Laurentiis mi convinse subito, ecco come nacque l’affare Higuain”

 

A luci spente per via delle Nazionali che occupano la settimana, Rafa Benitez ha trovato il tempo per raccontare il suo Napoli in esclusiva ai microfoni del quotidiano catalano AS. Il tecnico spagnolo si sofferma innanzitutto sulle novità, i rinforzi della nuova annata, di cui egli stesso è parte: “Abbiamo sette giocatori nuovi, i cui inserimenti sono stati discussi con il direttore sportivo del Napoli, tutti giocatori di livello; ad esempio c’è il portiere Rafael, che non gioca solamente per il grande stato di forma di Pepe Reina”.

MODULO – Il tecnico descrive in questo modo il cambiamento radicale rispetto alla stagione precedente: “Giochiamo uno stile diverso rispetto alla stagione precedente: il Napoli giocava con la difesa a cinque e basava il contropiede su Cavani, mentre ora puntiamo più sul possesso e il controllo. Siamo consapevoli delle nostre capacità, siamo ad un buon livello e stiamo giocando bene; conosciamo il nostro potenziale, cresciamo giorno dopo giorno e nonostante alcuni giocatori giovani, possiamo dire la nostra”. 

RAPPORTO CON IL PRESIDENTE – Nonostante egli sapesse della cessione di Cavani, si è comunque fidato ciecamente delle prospettive di De Laurentiis, accettando la sfida Napoli: “La sua cessione non è stata troppo dolorosa, anche perché il club ha potuto fare grandi investimenti e sono arrivati Higuain, Reina, Callejon, Albiol. Higuain è sempre stato un nostro obiettivoE’ stato De Laurentiis a convincerlo a lasciare il Real, ha parlato prima con il padre e poi con lui, ci ha convinti allo stesso modo, parlandoci el progetto, della possibilità di investire e rinforzare la squadra. Nel mio caso nell’ambito di questi discorsi è venuto fuori il nome del Pipita”.

CARATTERE – Benitez è noto alla piazza spagnola per essere alquanto ‘pesado’, ossia preciso e minuzioso durante gli allenamenti settimanali, a tale proposito dice:  “Mi dicono pesante e io dico costante. Alla fine della stagione, i miei giocatori mi dicono: ‘dopo ho capito’. E’ un po’ come con i figli, che a volte non gradiscono certi comportamenti e alla lunga ammettono che sono serviti a dare buona educazione. Mi sveglio alle sette e cominciamo a lavorare alle otto. Fino alle undici di sera. Vivo nell’albergo affianco al centro sportivo e sono in contatto costante con tutti gli uomini del mio staff: guardiamo partite, analizziamo la nostra squadra e prepariamo immagini video per ognuno dei nostri calciatori”.

PARENTESI ALLENATORI – Il suo essere maniacale ha dei precedenti nel modello che segue: Arrigo Sacchi, di cui dice: “All’epoca era davvero in voga: le sue squadre avevano molta intensità, giocavano il pallone velocemente, pressavano, ripiegavano. Rivoluzionario. Per molti, però, il Barcellona è stato un modello di riferimento, ma per molti altri anche un equivoco: la gente crede che è l’unico modo di giocare. Io preferisco un misto: né il gioco diretto, puro e duro, né un gioco basato sul possesso assoluto”.

MOURINHO-ANCELOTTI – Chiude con una parentesi sui due eterni esempi di calcio: “Ai tempi del triplete dell’Inter la squadra aveva una certa media d’età. E poi mi furono fatte una serie di promesse, ma i giocatori che sarebbero dovuti arrivare non sono arrivati. Comunque, abbiamo vinto due trofei in poco tempo e non abbiamo potuto fare altro. Ancelotti invece è un grande allenatore e un’ottima persona così come Del Bosque sta facendo uno splendido lavoro. Ora non ci penso ad allenare la Nazionale, magari in un futuro lontano”.

S.U.

Sabrina Uccello

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Sabrina Uccello

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