Come da pronostico, il Mister saluta la squadra dopo il ko dell’Olimpico; il futuro arriva dalla Spagna?
di Domenico Ascione
“Il mio ciclo a Napoli è concluso, cambierò aria oppure starò fermo. Sono stati quattro anni stupendi, ringrazio i ragazzi e tutti quelli che mi sono stati vicino. Ho aspettato la fine del campionato anche per rispondere a quelli che dicevano che non avevo avuto rispetto. Se lo avessi detto dopo Bologna i ragazzi ne avrebbero risentito”.
Così parlò Walter Mazzarri nella sua ultima intervista da allenatore degli azzurri. Il capitano di mille battaglie abbandona la nave proprio sul più bello. Questione di stimoli, dice lui, ma forse sotto sotto c’è qualcosa d’altro. Diciamocela tutta, in questi quattro anni il Napoli si è superato; nessuno poteva attendersi una crescita del genere con un bilancio sempre in ordine, nessuno avrebbe scommesso mai un centesimo sul piazzamento diretto in Champions. Alla vigilia della stagione le gerarchie erano ben diverse: Juventus, Inter, Milan e Roma venivano indicate da esperti e addetti ai lavori come le assolute favorite per la conquista del titolo. E invece il campo, l’unico arbitro vero, ha detto che il Napoli di Mazzarri è la seconda forza del campionato, a una manciata di punti dall’imbattibile Juventus. E allora, Mister, perché fermarsi proprio adesso?
«Ho concluso il mio ciclo. Sono stati quattro anni stupendi. Ringrazio i giocatori e tutti i tifosi, da sempre al mio fianco. È una scelta che balenava nella mia testa da alcuni giorni. Ringrazio il presidente De Laurentiis e Bigon per aver cercato di convincermi fino a oggi a restare. È stata una stagione eccezionale: ho dato tutto me stesso; ma è arrivato il momento di un altro step. E’ una questione di stimoli».
Già, un altro step: la Roma, l’Inter, anzhi, chissà, il Milan. Come se questo non fosse il posto giusto per vincere, come se in fondo in fondo siamo belli, siamo bravi, ma poi stringi stringi restiamo sempre il Napoli, una piccola che si crede grande perché ha avuto il più grande. Oppure la verità è che il limone più di tanto non si può spremere, al di là della rosa, dei facili alibi o dell’ambiente. Ora che la tavola sembrava apparecchiata per il piatto forte, il cuoco sciacqua i ferri e dice sayonara alla combriccola. Nel tennis lo chiamano “braccino”, una patologia diffusa e irrimediabile. In questi casi c’è poco da fare; salutare e ringraziare il paziente e poi rivolgersi ad uno specialista abile, vaccinato ed arruolabile: magari spagnolo, di nome Rafael e con un palmarès nella saccoccia da fare invidia a Federer.
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