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Dal rigore parato a Vieri alla Champions: De Sanctis riabbraccia i suoi vecchi ricordi a Pescara

 

Sarà una gara speciale quella di domenica per Morgan De Sanctis. Nato e cresciuto a Pescara, dove ha iniziato la sua carriera da calciatore, prima di approdare alla Juve, all’Udinese, in Nazionale, andare in giro per l’Europa e infine approdare in Champions con il Napoli. Il giovane Morgan da Gradiagrele accarezzava il sogno di giocare un giorno nel Napoli che fu di Maradona: “Un giorno voglio giocare al San Paolo“.

IL RIGORE PARATO A VIERI – All’Adriatico un pizzico di emozione da avversario di quel Pescara di cui ha difeso i pali in serie B negli anni novanta. Tutto cominciò per caso, scrive il ‘Corriere dello Sport’, per l’infortunio del titolare e del suo dodicesimo e per la propensione di Giorgio Rumignani a puntare forte su quel fusto che in Primavera prometteva bene: la prima a Piacenza, a partita in corso, ma per il debutto dall’inizio, a Francavilla al Mare, c’è poi la prova della verità. Calcio di rigore: di qua Morgan De Sanctis, di là, sul dischetto, un «killer» che annuncia sfracelli, si chiama Bobo Vieri, è ancora lontano dalle luci della ribalta, ma ha un fisico bestiale e fa paura quando calcia. De Sanctis lo stordisce con l’effetto speciale di un predestinato.

VENT’ANNI – Correva l’anno 1994 e dunque ne è scivolata via di acqua nelle aree di rigore, quelle d’un Vecchio Continente vissuto a petto in fuori, con l’esuberanza di chi chiede a se stesso sempre qualcosa in più e fa di tutto per ottenerlo attraverso il sacrificio e la volontà: in pratica, è come se non fosse cambiato nulla, perché nel “maniaco” De Sanctis di oggi c’è il giovanotto che ieri si carica di responsabilità da solo, squarciava il proprio orizzonte e decideva dove volare. Alla Juventus, per cominciare: l’affare di quei meravigliosi (fine) anni novanta; poi all’Udinese e un settennato in cui rientrano “appena” centonovantaquattro partite; e la Spagna di Siviglia, ahilui, sospesa tra i cattivi pensieri che si attorcigliano restano ad osservare il Guadalquivir, mentre nel ristorante Vesuvio c’è una “gouache” che l’incanta e lo riconduce da dove è partito: “Prima o poi andrò lì a giocare”. E’ un tormento che diviene estasi, non prima d’essersi calcisticamente tuffato nel Bosforo: ma è Napoli che lui insegue, come in un lungometraggio, e che afferra in plastica uscita, nell’estate del 2009, e poi tiene saldamente, incurante dei primi complessi mesi: sabato sera c’è una partita in cui De Sanctis può rivedersi completamente, rimettendosi a nudo, dal primo giorno in cui cominciò a saltare da un palo all’altro sino ai prossimi due anni: “Perché io voglio smettere qui”. La vita ricomincia a quarant’anni: c’è tempo per i titoli di coda.

 

A.I.

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