Un lampo di Insigne in pieno recupero cancella la magia del cagliaritano: la Champions League è sempre più vicina.
di Domenico Ascione
C’era una volta il 10. Quello che la palla non te la faceva manco odorare. La accarezzava con la suola e se la portava a spasso per i verdi prati senza mai perderla di vista un attimo. Piccoletto, mingherlino, “baricentro basso”, il 10 era un folletto dispettoso che avevi voglia a stargli appresso. Ti sgusciava tra le gambe, ti saltava con un sombrero, ti dribblava una prima volta e non contento ti tornava indietro.
Ora, in questo calcio tutto corsa e muscoli, per il 10 non c’è posto; oggi bisogna essere “superatleti”, bestioni da soma con il fiato da maratoneta. Ma per fortuna ai folletti non si comanda, così può capitare che in pieno ventunesimo secolo se ne presentino addirittura due allo stesso incontro.
Marco Sau da Tonara e Lorenzo Insigne da Partenope, 334 centimetri e 124 chilogrammi sommati di pura classe calcistica. Una volta erano compagni di squadra, ieri hanno illuminato da avversari lo scoppiettante pomeriggio del San Paolo con i loro piedi di fata. Già, il San Paolo, tempio del 10 per eccellenza: Diego Armando… vabbè, che ve lo dico a fare? Due reti stratosferiche, due prodigi balistici degni del più consumato dei carambolisti. La prima, quella di Sau, un destro all’incrocio dei pali che ha lasciato di stucco il povero (e stavolta incolpevole) Rosati; la seconda, quella dello “scugnizzo” di casa, una botta da fuori con deviazione che si è infilata alle spalle dell’ottimo Agazzi.
Peccato solo per la rissa finale, la solita e stucchevole “coda al veleno”, ma dopo due gol così non ce ne frega di meno.
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