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Prima ancora che nel giro di arringhe, sarà direttamente Aurelio De Laurentiis a tentare di insinuare il dubbio sulle dichiarazioni di Gianello e sulla sua credibilità. Il patron azzurro questa mattina sarà in aula per provare a gettare ombre sulla sentenza della Disciplinare che quasi ha divinizzato «la confessione» dell’unica fonte investigativa (per l’appunto l’ex terzo portiere): un’affidabilità talmente di ferro da permettere a quelle ammissioni – prima smentite poi confermate dopo sette ore di interrogatorio – di essere l’unica fonte che condanna il Napoli. Senza altri riscontri. Senza altre prove.
Non solo questo: l’urlo del patron azzurro invocherà una giustizia autentica per il Napoli e non solo una applicazione rigida e da tariffario di una penalizzazione che non ha né testa né coda. «Qui ci sono in gioco danni di immagine ed economici incredibili, qui si rischia di punire ingiustamente una società che ha fatto dell’etica dei comportamenti il suo cardine principale. Una penalizzazione falserebbe il campionato», ribadirà ancora una volta il patron in persona davanti al collegio giudicante dell Corte di Giustizia Federale puntando l’indice sulla responsabilità oggettiva. Il Napoli punta al proscioglimento, ovvio. Così come Cannavaro e Grava, anche loro col fiato in sospeso.
Dopo i verdetti della Disciplinare arrivati il 18 dicembre, stamane dalle 10.30 parte il procedimento di appello. Presidente della Corte è Gerardo Mastrandrea. Il Napoli punta a stravolgere la sentenza emessa dalla Disciplinare di Sergio Artico. Gli avvocati D’Antonio (al debutto con il club azzurro) e Grassani proveranno a portare altri elementi per smontare la versione fornita dall’ex terzo portiere, le cui rivelazioni costituiscono lo scheletro dell’accusa. E tenteranno di far rivedere alla Corte la responsabilità oggettiva che è stata contestata al club azzurro per la partita con la Sampdoria. Fondamentale il ruolo del legale di Gianello, Eduardo Chiacchio che tenta di derubricare il reato del suo assistito, in linea con quanto dirà il Napoli: da tentata combine a slealtà sportiva.
La strategia è ben definita: una marcatura a uomo sulle parole senza riscontro, non univoche e poco credibili di Gianello, le cui ammissioni sono state analizzate in ogni singola dichiarazione, in ogni resoconto, in ogni traccia lasciata nelle varie procure, sportiva e ordinaria. Il tutto per scovare le contraddizioni che renderebbero, secondo il pool del Napoli, meno assoluta l’attendibilità dell’ex terzo portiere, che lo stesso Stefano Palazzi (il capo degli 007 federali che anche nel processo di oggi sosterrà l’accusa) aveva provato a ridimensionare, chiedendo una penalizzazione di «appena» 1 punto.
Cosa che non è piaciuta al presidente Artico e agli altri componenti della Disciplinare. È da questa estate, dal patteggiamento saltato in aria di Conte e dal proscioglimento di Pepe e Bonucci, che Palazzi cerca di interpretare le norme vigenti in base alle peculiarità del caso finendo sistematicamente smentito dai giudici di primo grado. Nelle motivazioni la Disciplinare ha condannato il Napoli al -2 e squalificato Cannavaro e Grava a sei mesi, hanno invocato una rigida «questione di equità, per garantire uniformità di giudizio e una situazione di par condicio», visto i precedenti di Torino e Sampdoria. Cannavaro e Grava sono gli unici sicuri almeno di avere uno sconto: Antonio Conte, per omessa denuncia, è stato squalificato per quattro mesi. La sentenza potrebbe arrivare già in serata. Al massimo domattina presto. Poi c’è l’arbitrato al Tnas. Previsto al Coni, in campo neutro. Non prima di fine marzo. Ma il Napoli non intende attendere altri due mesi con la zavorra della penalizzazione addosso.
Il Mattino